«La giustizia la fa la magistratura, non la Lega»

«La giustizia la fa la magistratura, non la Lega», dicono i parenti di Youns El Boussettaoui, cittadini italiani che sono arrivati a Voghera per chiedere che si faccia chiarezza sulla morte del loro congiunto. Oggi Massimo Adriatici comparirà davanti al Giudice per le indagini preliminari. La procura di Pavia ha chiesto la conferma degli arresti domiciliari per l’assessore alla sicurezza del Comune di Voghera. Secondo il Pubblico ministero c’è pericolo di reiterazione del reato e dal rischio di inquinamento delle prove. Soprattutto il primo elemento getta più di un’ombra sulla possibilità si possa accreditare la tesi difensiva della legittima difesa.

È TRAPELATO un video registrato da una telecamera di sicurezza di un condominio. Si vede soltanto una parte del litigio tra Adriatici ed El Boussettaoui. Nelle immagini, quest’ultimo fa cadere a terra il suo sparatore. Non compare la scena dell’uccisione. Tra le anomalie giuridiche del caso c’è quella dell’autopsia. Come ha denunciato Debora Piazzi, che conosceva la vittima per averla assistita in piccoli procedimenti nel corso degli ultimi anni e che adesso difende i suoi parenti, l’esame sul corpo senza vita di El Boussettaoui è stato compiuto senza avvisare nessuno dei familiari. «È stato detto che non aveva famiglia, ma non è vero – spiega l’avvocato – Aveva una sorella, un padre e dei fratelli, tutti cittadini italiani». La legale descrive una situazione di disagio più che di minaccia. «Youns stava male – racconta Piazza – I familiari erano preoccupati e lo avevano fatto ricoverare in ospedale, dal quale però era scappato. Lui voleva stare in piazza Meardi. Andava curato, non ucciso».

I FAMILIARI di El Boussettaoi ieri hanno preso parola. «Gli hanno sparato davanti a tantissime persone. E l’assassino dorme a casa sua – protesta la sorella Bahisjia – Aveva un fucile, aveva una pistola in mano mio fratello? No, mio fratello non aveva nessuna arma. È stato ammazzato davanti a dei testimoni e chi lo ha ammazzato si trova a casa sua. Io voglio sapere se qua in Italia ammazzare o sparare è una cosa legale». La donna ha poi raccontato dei tentativi da parte della famiglia di aiutare El Boussettaoui: «Dormiva sulle panchine, l’altro giorno l’ha visto mio marito ed è venuto a prenderlo. Abbiamo chiamato i carabinieri, l’abbiamo portato in clinica a Vercelli, dalla quale è scappato. I carabinieri sono intervenuti non perché mio fratello facesse del male a qualcuno, ma per difenderlo».

LA VITTIMA era arrivata a Voghera pochi mesi fa. Aveva iniziato a stare male. Lo si sentiva biascicare il dolore per essere lontano dai suoi figli, vagava per tutto il giorno e spesso beveva. In questo contesto nella notte tra martedì e mercoledì ha incontrato l’assessore Adriatici, che si era impegnato a «riqualificare il centro della città, che non deve diventare luogo di bivacco di disperati e vagabondi». Appena insediatosi nell’amministrazione, dopo il voto dello scorso settembre che ha consegnato il governo della città al centrodestra guidato dalla sindaca Paola Garlaschelli e che lo aveva portato in consiglio comunale con 115 preferenze. Non era in testa alla classifica dei più votati ma primeggiava per il reddito annuo, grazie al suo lavoro di avvocato.

DA ASSESSORE aveva cominciato la sua crociera per il decoro firmando alcuni Daspo urbani e creando qualche imbarazzo istituzionale quando aveva deciso di convocare un tavolo per la sicurezza con gli esponenti delle forze dell’ordine. I carabinieri avevano dovuto spiegargli che stava esercitando una prerogativa che spetta solo al prefetto. Altre polemiche, ricordano le cronache locali, quando il comandante della polizia municipale aveva chiesto di essere trasferito nella vicina Vigevano, pare anche per diversità di vedute Adriatici. Ieri le opposizioni hanno annunciato una mozione di sfiducia alla sindaca.

GIÀ POCHE ORE dopo la morte di El Bousseattaoi, in maniera spontanea, molte persone (soprattutto migranti) si erano ritrovate in piazza Meardi. Per domani si annuncia una manifestazione sempre nello stesso luogo, cui hanno aderito tra gli altri l’Arci provinciale, la Cgil, Rifondazione comunista, la Rete Antifascista. «Vogliamo parlare della vittima, della vita che è stata spezzata – spiegano i promotori – Stanno descrivendo Adriatici come un impeccabile e rispettato avvocato penalista che salva la città da persone moleste. Senza riflettere sulle ragioni che negli anni possono condurre un uomo a certi atteggiamenti. E al razzismo sistemico».

 

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