La difesa dell’appuntato “Una non era ubriaca” mistero sulla decisione di portarle sull’auto.

LAURA MONTANARI
Dopo quattro giorni ci sono diversi punti controversi in questa indagine e che gli investigatori dovranno chiarire dopo aver ascoltato anche il secondo carabiniere. Quello che si è presentato spontaneamente ai magistrati ha spiegato di essere arrivato con la gazzella alla discoteca Flò per un controllo assieme ad altre pattuglie (tre). È lui che «redige il verbale» spiega la sua avvocata Cristina Menichetti. Ed è così impegnato a scrivere che non si accorgerebbe di altro. Il suo collega di equipaggio – un equipaggio che (cosa piuttosto anomala per l’Arma) è cambiato all’ultimo momento perché il carabiniere più giovane chiede di essere messo di pattuglia proprio con l’appuntato – starebbe chiacchierando con due ragazze straniere. Due americane. I militari escono dalla discoteca all’interno della quale sono rimasti pochi clienti. Sono le 2 di notte. Escono anche le ragazze perché vorrebbero che qualcuno le aiutasse a chiamare un taxi. Un buttafuori ne blocca una perché ha un bicchiere in mano: con il bicchiere non si esce dal locale. A quel punto non è chiaro se sia la ragazza a chiamare il taxi o uno dei carabinieri a provarci. In questo secondo caso, un dubbio: ci prova per davvero o finge? Di certo c’è che le ragazze pensano che non ci siano macchine disponibili e i carabinieri offrono quella di servizio. È la prima volta che fanno una cosa del genere che è vietata dal regolamento? Non si può usare l’auto di servizio come fosse un taxi. Invece lo fanno: perché? Hanno già un piano in testa o tutto succede lì per lì? Uno dei militari, quello che è stato interrogato dai magistrati sostiene di non essersi accorto che le ragazze fossero ubriache. Ma se così fosse allora perché dare un passaggio alle studentesse? Perché offrirsi di accompagnarle a casa? Il grado di ubriachezza delle due giovani sarà un elemento importante per stabilire se fossero state in grado di difendersi e di reagire. A questi dubbi risponderanno le analisi effettuate nella prima mattinata del 7 settembre dalle studentesse americane al pronto soccorso di Torregalli, seconda tappa dopo l’ospedale di Santa Maria Nuova. Il magistrato poi ha chiesto un’ulteriore approfondimento a Careggi per valutare quanto potesse essere nelle ore in cui le giovani dicono di essere state violentate dai militari, il loro stato e il tasso alcolemico presunto.
Altro elemento che gli investigatori stanno valutando sono le conversazioni in chat scambiate dai carabinieri del radiomobile sui telefonini. Secondo i primi accertamenti i due militari indagati per violenza sessuale non sarebbero intervenuti, ma altri avrebbero però parlato di loro. L’Arma fin dall’inizio ha fornito ai magistrati, come sottolineano dal comando provinciale di Firenze, la massima collaborazione e trasparenza per l’accertamento dei fatti. Da subito i due carabinieri sono stati sospesi dal servizio.
Approfondimenti serviranno poi per comprendere come si sono svolti i fatti nell’edificio in cui abitano le ragazze. Secondo una di queste, un rapporto si sarebbe stato consumato sul ballatoio davanti all’appartamento, un altro sull’ascensore o al piano di sotto. Una delle due ragazze ha pochissimi ricordi di quella notte, l’altra è più precisa. Ma in venti minuti, tanti ne impiegano i carabinieri a percorrere la via con la gazzella e il tempo comprende la sosta, il parcheggio dell’auto di servizio, l’entrata nel palazzo e il rapporto: come è possibile immaginare che i due senza essere d’accordo si appartino con le due giovani consenzienti in angoli diversi del palazzo e poi si allontanino in fretta e furia? L’avvocato Cristina Menichetti sostiene che il suo cliente fosse tranquillo, «si sarebbero scambiati anche il numero di telefono». Nulla insomma nella mente del carabiniere che potesse fargli sospettare che lei avesse potuto denunciarlo per violenza sessuale.
Fonte: La Repubblica, www.repubblica.it