di Sergio Risaliti
Ho letto con molto interesse l’articolo a firma di Danilo Venturi, direttore del Polimoda. Le sue riflessioni ci inducono a parlare del rapporto tra arte e moda in una giornata particolarmente triste, a causa della morte di Germano Celant, ucciso dal coronavirus all’età di ottanta anni.
Chi non ricorda la celebre edizione della Biennale Arte e Moda da lui curata assieme a Luigi Settembrini nel 1996. Quella mostra rappresentò uno spartiacque, si superarono degli steccati culturali, aprendo la città alle contaminazioni e sperimentazioni.
È trascorso del tempo, siamo entrati in un nuovo millennio e molte cose sono accadute. Negli ultimi anni molti progetti di modernizzazione hanno generato cambiamenti irreversibili e Firenze per molti aspetti è diventata una città diversamente attrattiva. La conservazione a tutti i costi e la rendita di posizione non molleranno però la presa per soffocare ogni più coraggiosa alternativa. Sarebbe un errore fatale tornare a vecchi schemi mentali e di consumo. Ci sono progetti e realtà consolidate da cui ripartire con fiducia e seri investimenti. Penso alle nuove sinergie sviluppate all’interno di Manifattura Tabacchi, dove sono presenti giovani artisti, artigiani, gli studenti di Polimoda e dell’Accademia di Belle Arti, al modello diffuso dell’Estate fiorentina, a realtà come Fabbrica Europa e al Centro per la danza di Virgilio Sieni, ai teatri e alle compagnie di ricerca, a Palazzo Strozzi e al Museo Ferragamo, oppure all’attività di Pitti Immagine e dell’Istituto Marangoni. Senza dimenticare studi di architettura internazionali in grado di ridisegnare la città e i suoi spazi di aggregazione. Aggiungerei, se mi è permesso, una serie di progetti che mi hanno visto coinvolto, come le mostre di Forte di Belvedere, le installazioni nelle piazze e il nuovo corso del Museo Novecento, al centro di un nuovo distretto culturale e di accoglienza.
Una vivacità creativa che si riflette all’esterno, nella città metropolitana — dove hanno sede importanti aziende di moda e di tecnologia — per riprodursi all’interno del centro storico in altre forme. Così Firenze è diventata interessante anche per quote sempre più elevate di giovani creativi, di artisti, di ricercatori, e per un turismo di qualità che ha potuto qui trovare nuove proposte culturali e artistiche. Ogni volta che nella storia delle civiltà moderne le arti e le attività produttive si sono incrociate tra loro, ecco che le forze creative si sono messe in moto e hanno trasformato interi quartieri facendoli diventare centrali elettriche delle avanguardie. Le città hanno cambiato identità e passo. Usciamo dalla pandemia con coraggio per essere all’altezza di cambiamenti così epocali. Firenze non può che giocare la carta della contemporaneità che è esattamente tutto quello di cui ha parlato Venturi.