la confusione dell’ue rischia di affossare l’accordo con gli usa.

L’ Europa sembra entrata in uno stato confusionale. Le tradizionali posizioni centriste, occidentali, pro mercato vacillano. Non è solo la questione del debito e delle riforme in Grecia a mettere in discussione le politiche della Ue. Ora rischia di crollare anche la trattativa con Washington sulla partnership transatlantica, il Ttip: un accordo di enorme importanza politica e strategica, oltre che economica.
Per approvare il Trattato, in discussione tra le due sponde dell’Oceano, serve l’unanimità dei 28 Paesi dell’Unione Europea: il guaio è che Syriza, il partito che ha vinto le elezioni greche dieci giorni fa, «non ha alcuna intenzione di firmarlo». Se così dovesse essere, la maggiore iniziativa nell’agenda dell’Occidente sarebbe morta nella culla. Per la soddisfazione di dittatori e di regimi autoritari a Mosca, a Teheran, a Pechino, nello Stato islamico. Il guaio forse maggiore è che, nel dipanarsi in negativo della vicenda, non tutte le responsabilità sono elleniche: Berlino e Parigi ne hanno forse di maggiori.
Il Ttip — Transatlantic trade and investment partnership — è un accordo che liberalizza ulteriormente gli scambi tra Ue e Usa, unifica una serie di regole e di norme tra i due blocchi economici per rendere più facile il commercio e crea una base comune per gli investimenti. Secondo gli esperti, produrrà notevoli benefici economici. Le trattative sono in corso.
Ci sono opposizioni negli Stati Uniti (non fortissime) e soprattutto in Europa, per lo più guidate da organizzazioni antiamericane secondo le quali l’accordo aprirebbe la strada al business Usa e smantellerebbe le protezioni sociali del sistema europeo. In realtà, il Ttip non smantellerebbe nulla, sarebbe un’occasione per fare crescere Pil e occupazione su regole certe. Fatto sta che la greca Syriza è in linea con questa opposizione radicale a un accordo con Washington.
Georgios Katrougkalos, viceministro degli Interni nel nuovo governo di Alexis Tsipras, ha fatto sapere che Atene userà il suo potere di veto per bloccare il Ttip. «Vi posso assicurare che un Parlamento con la maggioranza di Syriza non ratificherà mai questo accordo», aveva detto prima delle elezioni che hanno portato al potere il suo partito. Ora, entrato al governo, ha ribadito il concetto.
Il problema è che il Ttip è un accordo «a competenza mista», che cioè deve essere approvato, in Europa, dal Consiglio europeo, dal Parlamento di Strasburgo e dai Parlamenti nazionali: se anche uno solo di questi viene a mancare, l’accordo non entra in vigore. Dal punto di vista economico sarebbe una mancata opportunità: il viceministro del Commercio estero Carlo Calenda sostiene che quest’anno le esportazioni italiane «faranno un botto» e che la crescita dell’export negli Stati Uniti «sostituirà quanto perso verso la Russia»: ma — aggiunge — se il Ttip fosse in vigore «potremmo fare molto meglio».
È dal punto di vista strategico, però, che la sconfitta sarebbe gravissima. Per molti, nel mondo, si tratterebbe della prova che l’Occidente non esiste più, non è nemmeno in grado di arrivare a un accordo al proprio interno per stabilire regole comuni, figuriamoci imporle agli altri. Dal punto di vista dell’egemonia del modello di sviluppo, sarebbe una vittoria per chi sostiene che l’autoritarismo produce risultati economici migliori e per chi basa i rapporti tra Paesi sulla forza e non sulle regole.
C’è però l’impressione che questo passaggio non sia colto da tutti. I governi di Germania e Francia stanno di fatto tagliando l’erba sotto i piedi del Ttip, al di là delle dichiarazioni di sostegno di Angela Merkel. Soprattutto sulla questione degli Isds, cioè delle protezioni previste nell’accordo a difesa degli investimenti delle imprese: sostengono che danno un potere eccessivo alle multinazionali. In realtà, la Germania ha i propri Isds negli accordi commerciali bilaterali: semplicemente, non li vuole su scala europea, probabilmente perché preferisce gestire a livello nazionale la politica degli investimenti internazionali delle sue imprese. E su questa base trova l’appoggio della Francia.
A una riunione ristretta tra ministri responsabili del Commercio estero, tenutasi il 30 gennaio a Parigi, Germania e Francia hanno detto che si tratta di arrivare a un «superamento» del meccanismo Isds. Così facendo hanno rimesso in discussione l’accordo commerciale già raggiunto con il Canada (che prevede l’Isds chiesto dalla Ue) e hanno terremotato le trattative in corso per il Ttip. Un contrordine che getta nella confusione i negoziati con Washington. A questo punto, Atene potrebbe dare il colpo di grazia alla partnership transatlantica già mezza morta. E così rimpicciolire ulteriormente lo status internazionale dell’Europa. Giorni preoccupanti.
@danilotaino