La città dove i ragazzi si uccidono (ma la speranza c’è).

 

IL CASO NAPOLI
Che succede a Napoli, città oggi piuttosto schizofrenica, invasa dai turisti, concupita dagli speculatori, gestita da una borghesia legata alle grandi consorterie universitarie – medicina, legge, urbanistica – e che continua a essere abitata in certi quartieri da bande di giovani molto aggressivi e strafottenti? Continua pagina 6 In certi ambienti, quelli tradizionali che a Napoli si era solito chiamare “eduardiani” pensando alle commedie di De Filippo, si ha l’impressione che perfino il perno più saldo della tradizione, la famiglia, sia in forte crisi. Vittimee complici di uno stato delle cose che porta all’estremo situazioni presenti anche altrove, gli adolescenti imitano in un gioco feroce, più chei grandi, gli attori dei serial televisivi,e ha ragione il sindaco De Magistris a prendersela con i loro autori e con i loro principali modelli, fioriti mediaticamente attornoa un Saviano passato da opere degnee coraggiosea imitazioni di se medesimo gridatee splatter, che hanno probabilmente alla base materiali o suggestioni che vengono dal lavoro dei tribunali e da quello della polizia. Ci si muove ancora come in un Seicento di lazzarie di briganti, sostituiti bensì da bande di minorenni che si annidano in certe ore e in certi quartieri per i loro giochi crudeli. La città è apparentemente caotica, ma non si può dire quanto lo sia veramente, ché il molto anticoe il molto nuovo vi si scontrano più fortemente che in altre situazioni. Non ci sono solo i ragazzini, Napoli è una città composita e varia, una ex capitale europea tuttora più vasta e policroma delle altre nostre grandi città-e niente di comparabilea quanto vi avviene si riscontra altrettanto massicciamente a Palermo, a Roma, a Genova, a Milano… Ma come altrove, a guidare i giochi è una borghesia avida e astuta e infingarda che sembra aver rinunciato a ogni proposito riformatoree la cui parte più intellettuale celebra ancorai suoi riti fingendo di non vedereo di scandalizzarsi, ma, adattandosio difendendosi,e muovendosi soltanto quando i suoi interessi vengono colpiti direttamente – cosa che non fannoi ragazzini, che si ammazzano tra loroe non individuano affatto un nemico comune, sapendo bene che, se oltrepassanoi confini delle classi buonee dei quartieri protetti finiscono per rimetterci. Si menano e si ammazzano tra loro, i giovanissimi criminali napoletani, sotto l’occhio benevolo della camorra, che vi pesca i suoi “quadri”. Eppure, in mezzoa tutto questo, motivi di fiducia ce ne sarebbero. Per esempio, Scampia, da luogo di un’atroce guerra tra bande per il controllo del mercato della droga,è diventato un quartiere molto più vivibile grazie all’opera di qualche prete (si veda il recente libro di Fabrizio Valletti per le Edb, “Un gesuita a Scampia”) e di molti animatori sociali come il gruppo del Mammuth, e di certi, non tanti, insegnanti (ché molti diconoe dicono, ma con scarso acumee scarsa sostanza, abbondando invece in lamentoe in retorica). Quello cheè successo a Scampia potrebbe succedere anche nei quartieri dove i ragazzini si ammazzano tra loro, ed è stata una buona intuizione di De Magistris quella di affidarei tanti spazi inutilizzati di proprietà del comune a gruppi di giovani dei centri sociali, anche assistendoli, maa patto che chi li anima si occupi, dentroi quartieri, di bambinio di vecchi, di immigratio di cultura. (Aveva bisogno di un’immaginee di una base sociale – ma se l’è andata a cercare là dove altri non mettono piede, preferendo essi blandire la parte massiccia di una piccola borghesia generalizzata, di scarsa artee di strenuo egoismo.) È pur sempre da una parte di questa piccola borghesia ansiosae disorientata che vengono opere degne nel campo del romanzo – della Ferrante, della Marasco, di Braucci, di Virgilioe altri-e del cinema- di Di Costanzo, del gruppo di Gatta Cenerentolae di altri ancora. Nonè una città morta, Napoli, né è soltanto una città di sfrenato turismo e di giovani delinquenti, anche se stenta a trovare una dimensione equilibrata e saldamente civile e solidale. Come l’Italia.
Il Sole 24 Ore.
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