Lo sto capendo solo adesso di questa mia particolare fortuna.
Professor Manfredi, se non appare non esiste.
Finora ritenevo che fosse opportuno comunicare con sobrietà le decisioni prese, i provvedimenti approvati. Invece prendo atto che la leva dell’annuncio è formidabile.
Non è social, non è televisivo, non è polemico, non è un politico. Dunque non esiste.
La mia parte la sto facendo. Abbiamo già immesso in organico 1600 nuovi ricercatori. È una piccola ma bella brova di concretezza.
Tutti oggi parlano – anche ossessivamente – di istruzione. I nuovi saperi, l’età della conoscenza digitale sono i pilastri del Recovery fund. Lei sarebbe il più titolato a intervenire, però resta silente.
Così appare, ma così non è
Ministro, sa che esiste solo ciò che appare? Mica è necessario che la realtà lo dimostri?
Ecco, la mia difficoltà è quella che lei mi mostra. Penso sempre di evitare le suggestioni.
Ci sono altri provvedimenti che portano la sua firma?
Ai 1600 ricercatori già assunti se ne aggiungeranno dal 1 gennaio prossimo altri 4400. Non mi sembra un dato secondario, visti i tempi. La ricerca riprende il suo cammino.
Nuovi precari?
Saranno contratti a tempo indeterminato. E abbiamo investito trecento milioni di euro per rendere stabile e definitivo questo aumento dell’organico. Poi altri trecento milioni di euro li abbiamo destinati alla cura degli studenti svantaggiati, alle borse di studio per i meritevoli. Piccola cosa? Non direi. E da gennaio le università italiane avranno un plafond di 550 milioni di euro per progetti di ricerca. Anche qui la soddisfazione c’è.
Ha frecce al suo arco.
E mi faccia dire che abbiamo reso finalmente abilitante la laurea in medicina, togliendo di mezzo l’esame di Stato. E che abbiamo aumentato di 1500 unità le ammissioni al corso di laurea e di altri 5500 i posti nelle specializzazioni post laurea.
Servono medici, è già annunciata la grande fuga.
È una convinzione inesatta. Il picco dei pensionamenti anticipati l’abbiamo quasi del tutto attraversato. Il ministero della Salute valuta che avremo, d’ora in avanti, diecimila medici che ogni anno lasceranno contro tredicimila che si laureeranno.
Lei è napoletano, è stato rettore della Federico II. Di Napoli ha detto: “Non credo in questa città”.
Amo Napoli, penso che abbia risorse intellettuali, creative, produttive di grande livello. Ma è una città che non conosce la normalità, non apprezza l’ordine, la misura, la forza enorme di una buona organizzazione. Napoli è fucina di tanti talenti. Le ricordo che ho voluto l’accordo con Apple e proprio Napoli ne è la sede operativa. Ma sconta troppo i suoi difetti caratteriali.
Napoli è la grande capitale della questione meridionale.
Manca nel Sud quella tensione emotiva, quella forza aggregante che è l’ambizione. Puntare in alto, avere fiducia nei propri mezzi, non farsi distrarre dalle scorciatoie.
La scorciatoia del Sud qual è?
Il Sud si accontenta del poco, anche del pochissimo. Perde il senso del cammino comune, non punta l’obiettivo alto ma lo scansa alla prima difficoltà. E allora anche le migliori intenzioni si infiacchiscono tra tira e molla, piccoli e grandi veti.
Lei dovrebbe fare un discorso in Parlamento sulla necessità di essere ambiziosi. Sul valore anche culturale dell’ambizione. Sulla necessità di avere grandi traguardi.
Dobbiamo cambiare la gerarchia delle nostre urgenze.
Manfredi, il ministro invisibile.
Io resto un professore universitario.
Un barone universitario. Lei è stato anche rettore della Federico II.
Barone, sì mi hanno detto anche questo.