Invito a cena con relitto.

Se è vero che ” le rivoluzioni cominciano per strada e finiscono a tavola ” (Leo Longanesi), la cena ai Parioli in casa Calenda era un ‘ ottima idea. Peccato che sia saltata sul più bello, quando elettori e militanti Pd avevano già l ‘ acquolina in bocca. Le ragioni che hanno indotto Calenda ad annullarla sono misteriose, come del resto quelle che l ‘ avevano indotto a convocarla (a parte la gratitudine per le masse operaie del quartiere Parioli, ultima roccaforte elettorale del Pd a Roma). Ma le cose, per chi ama la precisione, sono andate così. Domenica pomeriggio, dopo la pennica ma ancora con l ‘ abbacchio di traverso nel doppio mento, Calenda ha un ‘ ideona e la twitta i mmantinente: un invito a cena per martedì (ieri) ai due ex premier che gentilmente lo nominarono ministro (Renzi e Gentiloni) e all ‘ unico ex ministro Pd che la gente ricordi senza maledirlo (Minniti). Scopo della seduta culinaria: ” Essere operativi ” . Almeno di stomaco. La trovata gli è venuta leggendo un tweet (il Pd non rimborsa più le telefonate): quello di un altro noto frequentatore di se stesso, tal Giuliano da Empoli, ” intellettuale ” fiorentino, figlio di un consigliere di Craxi e collezionista di poltrone da far invidia a Divani & Divani. Laurea con Cassese (ottima alternativa ai centri per l ‘ impiego), consigliere di Maccanico, D ‘ Alema, Amato, Rutelli e Renzi, ma anche autore Mondadori, firma di Sole, Corriere, Repubblica, Riformista e M e ssaggero , Cda Biennale di Venezia, ad di Marsilio, testa d ‘ uovo della renziana Big Bang, assessore a Firenze nella giunta Renzi, presidente del Gabinetto Vieusseux, membro dell ‘ a s s ociazione Italia-Usa, ecc. Il noto self-made-man s ‘ è appellato ai Quattro dell ‘ Ave Pd per dare al partito che tanto ha dato a lui una nuova mission : non – per carità – recuperare qualche elettore in fuga con un paio di idee nuove, ma ” impedirne la deriva verso la sottomissione al M5S illiberale e antidemocratico ” (nel senso che prende voti). Giusto il problema numero 1 del Pd. Calenda, che s ‘ era appena scusato per la sua ” scomparsa ” di cui peraltro nessuno s ‘ era accorto, i più ignorando anche la sua comparsa, s ‘ ispira e lancia la cena a quattro. La risposta Dem alla Prova del cuoco . I tre invitati ” devono confrontare le agende ” . Calenda però è disposto a spostare, se non è martedì sarà mercoledì o giovedì: ” Per evitare l ‘ ennesimo tormentone, la data resterà segreta ” . Renzi si fa vivo dalla Cina: ” Il problema del Paese non è il Pd, ma il governo ” , e non si capisce bene se andrà o non andrà. Per Gentiloni, ” non è con le cene che si risolvono i problemi del Pd ” , però ” a Carlo non dico no ” : in fondo è gratis. Minniti non twitta niente e, staccati i telefoni, si pensa a un silenzio-assenso. Calenda prenota il catering, tenendosi vago sul numero dei coperti: ” Facciamo tre abbondanti. Poi, se avanza qualcosa, spàzzolo io ” . Renzi intanto ha deciso per il no: ” Il governo leva i vaccini e i nostri discutono di cene? Roba da matti ” , twitta da Pechino, dove cerca invano un vaccino contro le maniglie dell ‘ amore. Invece i non invitati parteciperebbero volentieri. ” Come interpretare la mia esclusione? ” , si tormenta Martina l ‘ autoreg gente, ma nessuno gli risponde, e non per cattiveria: a parte quando lo mandano ai funerali a prender fischi in conto terzi, non sanno proprio chi sia. ” Da rio è nero ” , fan sapere i seguaci di Franceschini (e, per favore, nessuno ci chieda i nomi). Orlando, che pesa un quinto di Renzi e Calenda, si dice ” a dieta ” . Giachetti, gelosone, entra in sciopero della fame. Zingaretti viceversa è ben contento di non far parte della compagnia della buona morte: certi inviti, come i premi, ” non basta non riceverli, bisogna proprio non meritarli ” (Leo Longanesi). E si organizza per conto suo: ” Ce nerò in trattoria con un imprenditore, un operaio, un amministratore, un membro di un ‘ as sociazione, una studentessa e un professore ” . Manca solo Giovanni Rana, ma magari entra al posto dell ‘ operaio, se non se ne trova uno che non voti 5Stelle o Lega. Intanto, fuori, accadono alcune cosucce: la Ascani dice al Foglio che si candida alla segreteria, poi Renzi la smentisce, lei strilla alla fa ke news e il Foglio risponde ” ce l ‘ hai detto tu ” ; Orfini, presidente del Pd, chiede di sciogliere il Pd e rifondarlo con Orfini presidente; Martina sposta la ” grande manifestazione contro il governo dell ‘ odio ” dal 29 al 30 perché il 29 c ‘ è il derby; il Pd scende sotto il 17% e il governo dell ‘ odio sale al 62. Lunedì Calenda, temendo di ritrovarsi da solo, o peggio solo con Minniti, annulla la cena prim ‘ ancora di poter litigare sul menu: ” È stata un errore, sarebbe inutile e dannosa ” . Intanto però elettori e militanti si sono appassionati. Gente che da due notti bivacca all ‘ a d d i a ccio sotto casa Calenda, tipo villa di Ronaldo, per salutare i commensali. Chi paga cifre astronomiche per noleggiare le terrazze adiacenti e godersi lo spettacolo. Chi tempesta i centralini (purtroppo staccati) del Pd per incitare la Banda dei Quattro: ” Forza, ragazzi, mangiate anche per me! ” . E i giornaloni aprono ampi e articolati dibattiti sull ‘ Evento, come se fosse una cosa seria. ” Noi – a vverte la Bonino su Repubblica – corriamo alle Europee con +Europa e vediamo chi si aggrega ” : il 4 marzo furono pochini, ma ora è tutto diverso, purché si evitino ” calderoni ” (tipo la lista Bonino-Tabacci, per dire). Christian Rocca, su La Stampa , invita Calenda a invitare pure ” il sindacalista Bentivogli, baluardo antifascista in questi mesi di vuoto politico dell ‘ op posizione ” , dunque pronto alla pugna sulle montagne. Il Foglio dedica due paginoni di pareri al tema ” Cena una volta il Pd ” . Poi, purtroppo, a rotative ormai spente, si scopre che non se ne fa più nulla. Caso unico di un partito che, prima di sedersi a tavola, è già alla frutta.
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