La strada del dialogo per arrivare ad uno schema che può triplicare l’investimento in cinque anni
francesco semprini
new york
Ritiro dal listino azionario e soluzione spezzatino al fine di triplicare il valore dell’investimento. Sono queste le mire di Kkr su Tim emerse alla luce della manifestazione di interesse recapitata dal fondo Usa alla società guidata da Luigi Gubitosi.
Il 6 novembre era stata La Stampa ad anticipare l’imminente manovra riportando che l’investitore statunitense stava «valutando l’ipotesi di un intervento sulla rete di Telecom Italia, o in alternativa un ingresso diretto in Tim. Un’ipotesi più semplice da realizzare rispetto ad un’Opa che, senza un accordo con il governo, farebbe scattare il Golden Power, lo scudo contro le scalate dei gruppi stranieri». La notizia, nonostante le smentite di facciata, aveva fatto saltare sulla sedia non solo i vertici di Tim ma anche del suo primo azionista Vivendi. A distanza di due settimane è giunta la conferma.
Con un’operazione di leveraged buyout (per metà con capitale e per metà con debito) Kohlberg Kravis Roberts & Co punta alla separazione tra rete e società di servizi che gli permetterebbe nel giro di cinque anni di raddoppiare il valore del titolo (da 0,50 a 1 euro per azione rilevata) e perfino triplicare l’investimento di capitale. Il fondo detiene già il 37,5% di Fibercop, la società in cui sono confluite la rete secondaria (dall’armadio in strada alle abitazioni dei clienti) dell’ex monopolista e la rete in fibra sviluppata da FlashFiber, la joint-venture di Tim (80%) e Fastweb (20%).
L’assetto però non bastava più agli americani. Così è partita la nuova fase che non è stata quella dell’Opa immediata «perché sarebbe stata considerata ostile, e Kkr non vuole mettersi contro Vivendi dati i buoni rapporti che ci sono tra i vertici delle rispettive società».
Nella vicenda i francesi (ma confermano fonti Usa) sono sempre più convinti del ruolo attivo svolto dallo stesso Gubitosi, come anticipato da La Stampa ad inizio novembre, quando il Ceo era stato a Londra «dove avrebbe incontrato gli emissari di Kkr per discutere del dossier». Le fonti già allora parlavano di «un’interlocuzione» da tempo avviata dall’ad col private equity Usa, ma anche con altri due fondi, Cvc con sede nel Regno Unito e lo svedese Eqt. Gli stessi (a cui si aggiunge Macquarie) che sono rispuntati in queste ultime ore proponendosi come alternativa.
Da parte di Gubitosi «ci sarebbe inoltre stata un’accelerazione negli ultimi giorni dopo essere stato messo all’angolo alla luce dei deludenti numeri di gestione e il nuovo Cda fissato per venerdì 26 novembre». Prevarrebbe nei suoi confronti così una spiccata ostilità sia in Tim che in Vivendi per il fatto di aver condiviso informazioni con gli americani all’insaputa del Cda, senza le quali non sarebbe stato possibile fare una proposta. Il gruppo di Vincent Bolloré è fermo nel respingere la proposta sebbene non vi siano pregiudizi nei confronti di Kkr che considera «un fondo amico e che potrebbe essere un partner con cui avviare un percorso più circoscritto, ad esempio sulla rete».