In caduta libera

Pil giù del 15% in sei mesi Mancano 26 miliardi nelle entrate fiscali
di Roberto Petrini
ROMA — Mancano all’appello delle casse dello Stato 26 miliardi di gettito fiscale. A tanto ammonta, tirate le somme, l’effetto della recessione, dovuta all’epidemia, sulle finanze pubbliche. Una contrazione del Pil che si fa sempre più drammatica: dopo le stime dell’Fmi che danno per l’intero anno una caduta del 9,1 per cento ieri è arrivata la conferma dei tempi bui dall’Ufficio parlamentare di bilancio: nei soli primi sei mesi di quest’anno, la riduzione del reddito nazionale sarà del 15 per cento, del tutto compatibile con un -7 su base annua. «Un calo mai visto», osserva il rapporto diffuso ieri dall’autorità sui conti pubblici guidata da Giuseppe Pisauro.
Gli occhi ora sono puntati sul Documento di economia e finanza (Def), previsto per i prossimi giorni, e per le casse pubbliche il panorama è “nero”: secondo le prime valutazioni il rapporto deficit- Pil dovrebbe arrivare quest’anno all’8 per cento e il debito raggiungere il 155-160 per cento del Pil. Ma c’è preoccupazione anche per il gettito fiscale, il carburante delle attività dello Stato, dal welfare alla scuola ai trasporti: le stime sulla pesante contrazione del Pil arrivano infatti al giro di boa di un mese dal varo del blocco delle attività produttive non essenziali (il decreto fu del 22 marzo) che ha riguardato 2,1 milioni di imprese (il 48 per cento del totale) con 7,1 milioni di addetti.
Considerando che l’Fmi su base annua calcola, come abbiamo visto, una caduta del Pil per l’Italia del 9,1 per cento, le tasse che andranno automaticamente in fumo nel 2020 raggiungeranno i 26 miliardi. In termini percentuali, rispetto al gettito complessivo dello scorso anno pari a 471,6 miliardi perderemo circa 5,5 per cento di risorse versate dai cittadini allo Stato.
A pesare sulla caduta del gettito fiscale sono in prima battuta le imposte indirette, l’Iva e le accise sui carburanti: in questo caso le tasse che gravano sui consumi cadono quasi in parallelo con la caduta del Pil e lasciano sul terreno un 9 per cento: dei 219 miliardi di gettito dello scorso anno ne perderemo circa 19,7. È il conto più salato del lockdown che ha fatto precipitare i consumi, per incertezza e soprattutto perché la distribuzione, tranne gli alimentari e poco altro, è ferma.
Cade a precipizio anche il gettito dell’Ires, cioè la tassa pagata dalle imprese sugli utili societari. Il totale del gettito lo scorso anno era di 33,5 miliardi: dato il blocco completo e la possibilità di pagare quest’anno l’acconto delle tasse sulle stime del 2020, senza il rischio di sanzioni, c’è da supporre che la caduta del gettito sia stata uguale a quella dell’economia e che la perdita sarà circa 3 miliardi.
Il peso del gettito fiscale resta sulle spalle del lavoro dipendente e dei pensionati che pagano l’Irpef. Questa tassa ha contribuito lo scorso anno per 191,6 miliardi al gettito complessivo e quest’anno terrà abbastanza. L’Irpef dei lavoratori dipendenti sarà infatti sostituita quasi completamente dall’Irpef che si paga sull’assegno di cassa integrazione (che per ora, al 10 aprile, riguarda richieste per 2,9 milioni di lavoratori, spiega l’Upb). Mentre la parte del gettito Irpef, circa il 20 per cento, imputabile ai lavoratori autonomi, senza la compensazione della cassa integrazione, avrà un calo sostanzioso pari a circa il 9 per cento del Pil valutato in 3,4 miliardi.
Tornando all’analisi dell’Upb, non mancano tratti di seria preoccupazione. Il “distanziamento sociale”, spiega l’organismo, che sta producendo effetti positivi sulla diffusione dell’epidemia «implica fortissimi costi economici ». In alcuni settori, quali il turismo e la ristorazione, il commercio al dettaglio, i trasporti e la logistica, l’attività si è ridotta fino a quasi annullarsi. Inoltre, nota l’Upb, il tasso di disoccupazione, dato in crescita, risentirà anche della difficoltà di cercare un lavoro con il blocco della mobilità.
www.repubblica.it