La spaccatura dentro la Lega preoccupa gli alleati del centrodestra “Se prevale l’ala governista del Carroccio noi rischiamo l’isolamento”
FRANCESCO OLIVO
L’allarme è scattato nelle ultime ore: «Se andiamo avanti così perdiamo anche nel 2023». La resa dei conti all’interno della Lega ora spaventa anche gli alleati. Finché ci si limitava a polemiche sotterranee la cosa era sotto controllo, «avevamo messo nel conto che la Lega potesse avere problemi» ha ripetuto Giorgia Meloni in questi giorni ai suoi. Ma la normale tentazione di Fratelli d’Italia di approfittare della debolezza dell’alleato/rivale, pur senza speculazioni eccessive, si è trasformata in paura di venire travolti dalle disgrazie altrui. «Magari avremo qualche voto in più – ragiona un dirigente di Fratelli d’Italia -, supereremo la Lega in molte zone, ma se i candidati vanno male, anche le liste ne risentono e ci perdiamo tutti». Ma i timori vanno molto al di là delle amministrative, che tutti danno per perse. Le parole di Giorgetti hanno avuto da una parte l’effetto di ricompattare il centrodestra, almeno formalmente, alla fine di una campagna elettorale molto zoppicante, specie a Roma e Milano. L’accusa di disfattismo verso il ministro dello Sviluppo economico ha unito, ed è quasi un inedito negli ultimi mesi, Meloni, Tajani, con Salvini sullo sfondo: «Non vorrei che Giorgetti fosse tornato alla vecchia Lega, quella che augurava a Roma il peggio» ha detto la leader di FdI a Porta a Porta. Per settimane ognuno ha fatto comizi per conto proprio, spesso nascondendo i nomi dei candidati sindaci (scelti dagli altri), ieri poi si è arrivati a un accordo: i leader saranno domani a Milano e venerdì a Roma per una conferenza stampa, l’occasione di una foto e poco più. Licia Ronzulli di Forza Italia dà importanza alla notizia: «Il centrodestra si dimostra unito perché governa bene», dice da Trieste. E il leghista Claudio Borghi lancia un appello a tutti: «Lo vedete cosa sta subendo Salvini?».
L’allarme però è grande, l’incubo dei Fratelli d’Italia è che, anche con una vittoria alle politiche, Giorgia Meloni non possa governare, perché a Palazzo Chigi resterà comunque Draghi o una figura in continuità con il governo delle larghe intese. E il fantasma è riemerso con la lettura dell’intervista a La Stampa di Giorgetti («vorrei che Draghi restasse lì tutta la vita»). Il senatore di Forza Italia Francesco Giro minimizza, «non strumentalizzare le parole di Giancarlo», ma il nervosismo è evidente.
Se l’ala governista della Lega dovesse prevalere, per Meloni i piani si complicherebbero, tanto più se dalle prossime settimane si aprisse il dibattito per una riforma proporzionale che emarginerebbe ancor di più FdI. «Non abbiamo nessun interesse a indebolire Salvini – dice un fedelissimo di Meloni – I nostri rapporti non sono idilliaci, ma una Lega desalvinizzata e centrista ci isolerebbe e Giorgia non vuole essere Le Pen». Il paragone lo fa anche Gaetano Quagliariello, ex ministro Pdl, oggi vicepresidente di Coraggio Italia: «Meloni deve decidere se vuole essere gollista o lepenista. Nel primo caso può essere una nostra alleata, nel secondo no». Ma la «resa dei conti anticipata», come la chiamano in Forza Italia non riguarda solo Salvini: «Dal 5 ottobre il centrodestra deve alzare l’asticella, proponendo idee e facce nuove», dice il deputato azzurro Andrea Ruggieri. Le amministrative, insomma, sono solo l’antipasto.