Con l’acquisizione di Ubi sale a 353 filiali contro 307. Ma dovrà cederne almeno 30 a Bper
Mauro Bonciani
Intesa Sanpaolo ha chiuso ieri con successo l’offerta di acquisto e scambio su Ubi Banca, ottenendo oltre il 90% delle azioni di Ubi, e la fusione significherà un radicale cambiamento anche nella geografia delle banche in Toscana e nel loro peso sul territorio. Una geografia che è mutata nel corso degli anni, con un’accelerazione recente e che attende di conoscere nel 2021 il nuovo «dominus» del Monte dei Paschi di Siena adesso guidato dal Tesoro.
Un risiko complesso, con date in parte già scritte e che inizia da oggi. Con il passaggio di Ubi ad Intesa, infatti, il gruppo diventa il primo in Toscana per numero di sportelli con 353 filiali, superando Mps che ne ha 307, mentre la terza è Bpm con 163 sportelli, seguita da Unicredit con 110 e da Ubi che ne aveva 87, adesso «targati» Intesa Sanpaolo, e che contava circa 200.000 clienti per il 5% del mercato bancario toscano. Intesa con Ubi acquisisce anche gli ex sportelli e il business nel settore dell’oro della aretina Banca Etruria, passata a Ubi nel 2017 per un euro dopo il fallimento della vecchia banca, e gli sportelli della fiorentina Federico Del Vecchio. Aumenta così una presenza diventata forte con l’acquisizione e la fusione nel gruppo di Banca Cr Firenze e Cr di Pistoia e della Lucchesia — concluse nel 2019 ma partite all’inizio degli anni Duemila — e con l’acquisizione per 50 centesimi di Banca Popolare di Vicenza, che a sua volta aveva inglobato la Cassa di Risparmio di Prato. Per la normativa Antitrust però Intesa Sanpaolo dovrà cedere entro sei mesi oltre 550 sportelli, tra i 30 e 40 in Toscana, che andranno a Bper il cui socio forte è la bolognese Unipol e che così scalerà posizioni nel ranking regionale, passando dalla 14esima attuale alla quinta posizione, accanto o sopra Cr di Volterra che oggi conta 65 filiali.
Oltre alla questione degli sportelli c’è quella del centro direzionale di Ubi, ex Etruria, ad Arezzo, che occupa circa 350 addetti e rischia di essere in parte un doppione rispetto al centro direzionale nel capoluogo di regione, l’ex Banca Cr Firenze, in cui lavorano altre centinaia di persone.
Anche cedendo 40 sportelli Intesa resterà leader in Toscana, appena sopra Banca Monte dei Paschi di Siena, mentre in Italia rafforzerà il proprio primato tra le banche, diventando la settima in Europa, con tra i suoi azionisti e nel board Fondazione Cr Firenze, socia con l’1,84% delle azioni di Intesa Sanpaolo e che ha aderito all’Opas chiusasi ieri con il suo 0,179% del capitale di Ubi. Ieri il presidente dell’ente di via Bufalini, Luigi Salvadori, ha commentato l’acquisizione: «È una grande operazione. La missione di Intesa a questo punto è di riuscire a diventare anche politicamente un soggetto determinante in Europa: le dimensioni sono giuste, per ora sono solo a livello italiano ma presto diventeranno a livello europeo. Noi siamo soci molto convinti e sostenitori di Intesa Sanpaolo».
Il prossimo risiko bancario toscano riguarderà Mps e partirà il prossimo anno, quando lo Stato, che oggi detiene il 68% di Rocca Salimbeni, dovrà uscire dal capitale del gruppo senese cedendo le quote ai nuovi azionisti di controllo. Tutti guardano a Bpm, radicata in Lombardia, Veneto e Piemonte, che acquisendo Mps diventerebbe il terzo polo bancario italiano con una distribuzione territoriale equilibrata, ma si continua a pensare anche ad Unicredit, secondo gruppo italiano, che così ridurrebbe la distanza venutasi a creare con Intesa dopo l’affare Ubi. Di certo il 2021 sarà un altro anno di cambiamenti. A Siena e non solo.