Il segnale chiaro del premier sul «senso di marcia»

l retroscena

 

M.Gu.

 

Roma «Questo governo va avanti». Mario Draghi lo dice con fermezza, per far capire ai partiti che in una fase ancora così delicata, con la campagna vaccinale da completare e le scuole da riaprire «in presenza e in sicurezza», non accetta veti, barricate o smarcamenti sulle decisioni cruciali della lotta al Covid. La mossa della Lega, che due giorni fa nella commissione Affari sociali della Camera ha provato ad affossare il green pass, ha fatto scattare l’allarme rosso a Palazzo Chigi. E se in conferenza stampa Draghi ha scelto toni cauti e diplomatici, nel merito ha confermato in pieno la linea del governo sulla certificazione verde. E si è spinto oltre, dando il via libera all’estensione del green pass per la pubblica amministrazione e le imprese private e annunciando che l’Italia è pronta a far scattare l’obbligo vaccinale. In un sol colpo il premier ha allargato il perimetro del certificato verde osteggiato dai leghisti, ha buttato giù un totem del Carroccio come il no all’immunizzazione obbligatoria e annunciato la partenza delle terze dosi. Scelte forti, che vanno in direzione opposta alle battaglie di un Salvini allergico a «obblighi, multe e discriminazioni». E se mai nella Lega qualcuno ha strizzato l’occhio al popolo no vax, Draghi picchia duro contro la «violenza odiosa e vigliacca» di quanti attaccano e minacciano per opporsi al green pass. Il certificato verde sarà esteso e i dettagli si decideranno in quella cabina di regia che Salvini ha richiesto, ma l’esito è scritto. «La direzione di marcia è quella», ha ammonito il premier prima ancora di sedersi al tavolo, spiegando serafico che la rotta è stata decisa con Roberto Speranza, teorico del rigore assoluto. Draghi tira dritto e chi ci sta, ci sta. L’ex ministro dell’Interno alza i toni? Il premier al contrario evita lo scontro diretto e, quando gli chiedono se preferisca la Lega di lotta o quella di governo, risponde con un pieno riconoscimento del leader: «La Lega è una, ha un capo che è Salvini e basta». Parole che hanno fatto piacere al diretto interessato. Per quanto dura sia la battaglia dentro il governo sul fronte della lotta al Covid, Draghi non vede «alcun disastro all’orizzonte» e quando gli chiedono se sia tentato dal Quirinale svicola rapido e brusco, sottolineando che a lui sta a cuore il futuro del Paese e non il suo: «Non mi preoccupo per me stesso, di sicuro». E se non sembra curarsi nemmeno della tenuta della sua maggioranza, è perché pensa che nessuno dei leader che lo sostengono abbia interesse a fare harakiri. «È chiaro che è auspicabile una convergenza maggiore, una maggiore disciplina, ma questo governo va avanti». Ci sono differenze e anche divergenze, ammette, eppure «il governo va fondamentalmente molto d’accordo nei suoi membri». Tanti temono o sperano che l’unità nazionale non regga oltre febbraio, quando si dovrà eleggere il nuovo capo dello Stato. Draghi invece rimanda il problema, non svela le sue intenzioni e si concentra sull’agenda. E se Enrico Letta vede «l’inizio della fine», lui proprio no: «Io non vedo la fine». Il governo va avanti.