IL RISCHIO CHE IL CASO ROMA LOGORI ANCHE IL GOVERNO.

di Massimo Franco

Ormai il problema non è più tanto la sorte di Ignazio Marino e della sua giunta. La domanda che ci si pone nel Pd è quanto possa costare una strategia oscillante tra fiducia e logoramento; tra voglia di azzerare tutto con lo scioglimento e il Comune commissariato, e tentazione di ripartire con lo stesso «primo cittadino». Il timore è che alla lunga l’assenza di decisioni chiare delegittimi Marino ma finisca per danneggiare lo stesso Pd nazionale e il premier Matteo Renzi. Le opposizioni tendono a trasformare il caos politico romano in una sorta di metafora dello scontro a sinistra e dell’incapacità di uscirne.
È un fatto che l’assedio intorno al Campidoglio sta diventando asfissiante. E le reazioni, alcune anche scomposte, del primo cittadino fanno capire che capta la strategia dal vertice del Pd; o almeno di una sua parte. Renzi tace ma i segnali che arrivano dalla sua cerchia dicono quanto l’ipotesi di un rilancio sia ritenuta inverosimile. L’assegnazione di una scorta a Matteo Orfini, presidente del partito e commissario a Roma, testimonia piuttosto la tensione che si respira nella Capitale. La preoccupazione è che prendere tempo senza né ritirare l’appoggio, né manifestare fiducia a Marino, peggiori la situazione.
Il pericolo è di ritrovarsi con il sindaco della Capitale delegittimato e sempre più in bilico; e alla fine di assistere alla sua caduta, subendola. Lo scontro è tutto interno al Pd. Per questo si teme che il Campidoglio si trasformi in uno dei potenziali motivi di logoramento anche per Palazzo Chigi. Gli inviti ad abbassare i toni sono un tentativo di scongiurare un conflitto tra i democratici che acuirebbe le tensioni già alte per via della riforma della scuola e del Senato. Marino appare debole, e non lo rafforzano le dimissioni di un assessore renziano, che inutilmente accampa solo motivi personali.
Non bastasse, dopo le parole virulente usate dal sindaco contro la destra, Forza Italia ne chiede le dimissioni con più decisione. Lo stesso ministro dell’Interno, Angelino Alfano, leader del Ncd, lo critica con durezza per come ha parlato due giorni fa alla Festa dell’ Unità . Si sta delineando un fronte nel quale il M5S soffia sulle divisioni nel Pd; e accusa Renzi di usare Marino come «capro espiatorio». E Mafia Capitale proietta un alone cupo su tutto.
Ma per Marino le indagini sono un punto di forza, non essendo implicato nello scandalo. Anzi, rivendica il ruolo di baluardo contro la corruzione. Si vede sindaco fino al 2023. Il messaggio implicito che manda è: non vi sarà facile liberarvi di me. Questo accentua le difficoltà di Renzi in una fase di affanno, con la riforma della scuola e centomila assunzioni appese all’ennesima sfida in Parlamento. E sullo sfondo galleggia il caso di Vincenzo De Luca, il nuovo governatore pd della Campania che dovrebbe essere sospeso a giorni dalla carica: un’altra incognita e fonte di imbarazzo.