Il passo indietro agita i 5 Stelle: inutile fare i duri se poi ti arrendi

 

 

di Alessandro Trocino

Dubbi tra i parlamentari. La festa in discoteca (con polemiche) per serrare le file

ROMA Davide Tripiedi scherza: «Il 2 per cento? Nessun problema, era quello che volevamo, c’è stata una trattativa e abbiamo ottenuto il 2,04. Quindi lo 0,4 in più dell’obiettivo». Il deputato 5 Stelle, scherzi a parte, è convinto che alla fine si porterà a casa il reddito di cittadinanza con le misure previste dal contratto. Ma non tutti la pensano come lui e il timore, che in rete sfocia nella solita ondata di critiche e sarcasmi, è che la trattativa sia sostanzialmente fallita e che il passo indietro sia stato evidente.

Uno smacco per i leader — Luigi Di Maio, ma anche Matteo Salvini e Giuseppe Conte — che hanno ripetuto fino allo sfinimento che non si sarebbero mossi di «un millimetro» dalla ridotta del 2,4 per cento. Ma anche un pericolo concreto, quello di disorientare una platea elettorale che sembra già confusa (gli ultimi sondaggi registrano ulteriori smottamenti).

Tra i parlamentari c’è un po’ di disillusione: «Inutile fare la faccia dura se poi dobbiamo calare le braghe», riassume uno. Ma soprattutto il timore è che il reddito di cittadinanza si riveli un flop. Le spiegazioni dei vertici — «non è cambiato nulla» — non convincono tutti. E lasciano ampi margini di incertezza sulla reale efficacia della misura. Roberto Fico, da Parigi, avverte: «Due pesi e due misure significherebbe un’Europa non equilibrata, con figli e figliastri. Non ci voglio e non ci posso credere». Al termine dell’incontro con il presidente dell’Assemblea nazionale, Richard Ferrand, aggiunge: «Della Tav non ne abbiamo parlato, ma se avessi dovuto parlarne, avrei chiarito i miei dubbi rispetto a quest’opera ormai antistorica». Avvertimento lanciato sul fronte grandi opere, che resta punto debole per i 5 Stelle, costretti a subire l’iniziativa della Lega e a fare i conti con il principio di realtà (ovvero con le penali dei contratti).

La minoranza resta sul piede di guerra. Gregorio De Falco, ieri, ha postato la storia del piccolo Victor, «che aiuta a comprendere la crudeltà che si nasconde dietro il decreto “sicurezza”». I vertici minimizzano e rilanciano. A questo scopo è prevista la celebrazione, annunciata da Nicola Morra, dello «spazzacorrotti day», il 22 dicembre. Si cerca di ricompattare la testuggine (copyright Di Maio). A questo serviva la festa andata in scena in una discoteca romana la notte di mercoledì. Duecento peones a fare il trenino, con il ministro Elisabetta Trenta e qualche strascico polemico. Più di uno non ha partecipato, spiegando che a poche ore dalla strage di Strasburgo danze e cotillon decisamente sembravano fuori luogo.

 

 

Fonte: Corriere della Sera, https://www.corriere.it/