Il partito dei vitalizi ha già vinto le elezioni.

 

Taccuino
Anche se tutti negano, e a cominciare dal relatore Pd della riforma Richetti provano a scaricare sugli avversari la responsabilità, l’affossamento della riforma dei vitalizi, che avrebbe colpito retroattivamente anche gli ex-parlamentari, ha avuto molti padri, compresi i senatori dissidenti del gruppo 5 Stelle, pronti a farsi sentire se davvero si fosse arrivati al voto nell’aula di Palazzo Madama. La verità inconfessabile è che la riforma, andando a toccare il principio dei diritti acquisiti, avrebbe messo in allarme l’intera categoria dei pensionati italiani, a cui tutti i partiti attingono al momento delle elezioni, e sarebbe finita con molte probabilità alla Corte costituzionale. Per un giorno di gloria antipolitica – e che gloria, prendersela con un paio di migliaia di ex-peones, che mai avrebbero immaginato un giorno di doversi vergognare di essere stati politici di professione -, i riformatori dell’ultima ora della legislatura avrebbero corso il rischio di passare i prossimi mesi a dover rassicurare milioni di cittadini collocati a riposo dopo quarant’anni di lavoro dal rischio che il «taglio dei privilegi» degli onorevoli andasse a ripercuotersi sui loro magri conti della spesa. Di qui la marcia indietro, con l’illusione di convincere gli elettori che la colpa è sempre degli altri. Ma al di là del tenore delle accuse reciproche, quando non degli insulti, che già connotano la campagna elettorale dall’inizio, i vitalizi sono stata l’occasione per il primo attacco frontale del Pd a Grasso, colpito dai democratici in quanto leader di «Liberi e uguali», ma indicato come unico vero affossatore della riforma in qualità di presidente del Senato che ha impedito alla riforma Richetti di arrivare in aula in tempo utile. In difesa di Grasso è accorso subito Civati, mentre il Movimento 5 Stelle, e a destra Salvini e Meloni, miravano sul Pd e sulle sue contraddizioni interne, emerse del resto nel corso della vicenda. Non a caso il solo vincitore della partita è il senatore democratico Ugo Sposetti, già amministratore del Pds e vero unico leader del partito trasversale che ha affondato la riforma già approvata alla Camera. Oltre a tessere apertamente da tempo la tela del salvataggio dei vitalizi, Sposetti aveva capito in anticipo ciò che ieri è emerso chiaramente: in un Parlamento che sta per andare a casa, il partito di coloro che, non avendo certezza di tornarci, difendono il loro futuro da pensionati, era molto più numeroso di quello degli aspiranti alla riconferma.
La Stampa.
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