Il parco intitolato a Balbo tenta di legittimare la Cultura del Ripristino

Le idee
di Valerio Aiolli
Esiste la Cancel Culture, quell’onda di pensiero che si è formata negli Stati Uniti e che, in nome di valori entrati solo di recente a far parte del nostro patrimonio ideologico, pretende di abbattere statue e monumenti sorti in tempi in cui quei valori non si erano ancora universalmente affermati. E, almeno in Italia, esiste quella che potremmo chiamare la Cultura del Ripristino, o del Ritorneremo, che, sorvolando allegramente su valori che da tempo sono diventati i nostri, propone di dedicare strade, piazze, aerei e parchi a personaggi che erano stati messi fuori gioco.
La Cancel Culture rischia di eliminare le stratificazioni storiche, ammutolendo i segni anche feroci, o ipocriti, che hanno contraddistinto il cammino delle generazioni che ci hanno preceduto, e che invece sarebbe opportuno mantenere proprio per ricordare a noi stessi anche visivamente da dove veniamo. La Cultura del Ripristino, o del Ritorneremo, fa la stessa cosa dall’altro lato: spiana il passato col napalm della dimenticanza (volontaria o involontaria, non fa troppa differenza).
L’ultimo caso in ordine di tempo è quello che riguarda Italo Balbo. Ora, è vero che Italo Balbo ha avuto una vita avventurosa, intrigante, per certi versi entusiasmante.
È vero che ha svolto azioni eroiche nella Prima guerra mondiale e che ha creato (più ancora che fondato) il Ministero dell’Aeronautica (chi vola vale, chi non vola non vale, chi vale e non vola è un vile). È vero che ha inventato, condotto e portato a termine due imprese che sono rimaste ineguagliate nella storia del volo e che gli hanno dato fama imperitura (usiamo per una volta questo aggettivo balbiano) in tutto il mondo: le due trasvolate oceaniche con una formazione di idrovolanti del 1930-31 (dodici apparecchi, da Orbetello a Rio de Janeiro) e del 1933 (venticinque apparecchi, da Orbetello a Chicago e ritorno). È vero che proprio per questa sua popolarità entrò in rotta di collisione con Mussolini, che lo spedì a fare il governatore della Tripolitania, della Cirenaica e del Fezzan (che lui fuse nell’unico governatorato della Libia). È vero che anche in Libia Balbo si dette da fare, costruendo la strada litoranea (come la chiamò? Balbia), predisponendo e accogliendo l’arrivo dei coloni dall’Italia (fu un bene? Un male? Ci avrebbe pensato poi Gheddafi, una trentina di anni dopo, a risolvere il dilemma, facendoli sloggiare dalla sera alla mattina). È tutto vero. Ma da qui a dare il suo nome, oggi, a una serie di aerei militari (come aveva fatto il Ministero della Difesa, prima di tornare sui propri passi per effetto di un’interrogazione parlamentare dell’esponente di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni), o a intestargli il parco lagunare dell’ex idroscalo di Orbetello (come ha deliberato il consiglio comunale), ce ne corre.
Ce ne corre perché Italo Balbo, oltre alle avventure ricordate, fu protagonista assoluto di un’altra avventura, più lunga e pervasiva di tutte le altre messe insieme: l’avventura del fascismo. Che per la maggior parte degli italiani, ne fossero o meno consapevoli, fu una disavventura.
Fu una sventura.
Per uscirne occorse una guerra civile, che si saldò alla guerra mondiale nella quale eravamo precipitati. Ci furono lacerazioni, lutti, e alla fine una sorta di “mai più”, contenuto nelle disposizioni “transitorie e finali” (ma permanenti: bizantinismi del linguaggio politico italiano) della Costituzione, che vietano la ricostituzione del partito nazionale fascista. Balbo fu un fascista della prima ora (con tanto di partecipazione alle violenze squadriste), un quadrumviro della marcia su Roma, un esponente di primissimo piano del regime, da cui mai si dissociò, nonostante una visione più atlantica e meno mitteleuropea rispetto a quella del Duce. Non possono bastare i suoi meriti aeronautici per dimenticare, oggi che siamo consapevoli di tutto il resto, la sua principale scelta di vita. Il suo nome può ben apparire sulle copertine di biografie documentate, o all’interno di romanzi o film che ricostruiscano la sua vicenda in chiaroscuro. Ma usarlo come testimonianza di un valore civico (nel senso di esempio per i cittadini, magari giovani e ignari) intestandogli aerei o parchi? No, grazie.
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