di Pierluigi Piccini
Immagino la tensione che prova un artista nel momento in cui il Palio viene girato e passa al giudizio del popolo. Un popolo che ha alle spalle un retaggio culturale religioso che, seppure a causa della scristianizzazione di gran parte della società contemporanea, conserva una tradizione religiosa che potrebbe essere tradita. Dalla reazione di questi si capisce se i contenuti figurativi e quelli stilistici sono piaciuti o meno.
Eppure tra i due, il pittore e il popolo, si inserisce un terzo importante attore: il committente, che nella scelta dell’esecutore del Palio dimostra anch’esso il suo essere, si palesa.
In questo caso la scelta é ricaduta su chi poteva rappresentare il volto di Maria esattamente come una parte del popolo se lo aspettava. Qui ed ora nella situazione data con una evidente dimostrazione della mancanza di cultura religiosa, che non é soltanto manifestazione di una liturgia ormai quasi dimenticata, ma é l’attestazione della conoscenza della storia dell’uomo e, nel nostro caso, della conoscenza della straordinaria e millenaria storia di Siena.
C’è in questo un tradimento soprattutto in chi, in quel volto, si riconosce durante una delle cinque feste mariane più importanti, quella dell’Assunta. Sarebbe il momento di riconsegnare il Drappellone agli artisti, non ai personaggi che fanno audience; ma il problema per chi non mastica di arte e confonde quest’ultima con il gusto soggettivo é capire questa sottile ma enorme differenza.
E sopratutto, a questo punto, saper rintracciare gli artisti veri, ormai purtroppo sempre più lontani e disinteressati a questo tipo di commissione. I troppi passi sbagliati di questi ultimi anni hanno reso sempre più provinciale e quindi non appetibile per i professionisti, dipingere il Palio.
Sono perfettamente consapevole che queste righe saranno criticate, che non avranno il consenso di buona parte delle persone coinvolte, ma sento il dovere di dirle, di stare scomodamente da un’altra parte nella speranza che possano servire a far riflettere. Il Palio di Manara ci mostra una Madonna che, seppure postmoderna come la definisce l’autore, risulta quasi blasfema. La Madonna con le labbra socchiuse é lontana anni luce dall’immagine di Maria come é mostrata nel Vangelo di Pasolini: la più bella e calzante immagine della Madonna che la produzione figurativa abbia mai tramandato. Queste considerazioni potrebbero essere contraddette da qualcuno che conosce la produzione figurativa delle immagini mariane contemporanee non destinate al culto. Vorrei ricordare tutta la produzione di David LaChapelle, dove l’immagine della Madonna, seppur interpretata in chiave contemporanea, conserva sempre le caratteristiche iconografiche tramandateci dalla tradizione figurativa sacra per millenni.
Senza farne un problema iconografico, apprendiamo che la Madonna Assunta in cielo si è trasformata in un fantino.
Ma sopratutto, ancor più grave, é terribilmente banale. La prospettiva delle figure, Madonna e cavallo, presenta errori anatomici: la mano sinistra non può essere lì, ma rimane comunque l’unica cosa bella (una delle mani della Maestà di Simone?).
Forse, questa ed altre citazioni, fanno dire a Manara che il suo Palio è un Palio postmoderno. Quella mano evidenzia chiaramente la sua capacità nel disegno. La pittura però, forse per colpa del supporto di seta, é veramente rigida e piena di ripensamenti, senza la freschezza e l’abilità artistica che Milo Manara riesce ad offrirci egregiamente nel piccolo formato. Questa é la prova della sua grande abilità come fumettista, ma anche della sua non ancora matura capacità di esprimere le sue doti nei grandi formati.