IL MODELLO PITTI-FIRENZE E LE PURE FORZE DEL MERCATO.

Raffaello Napoleone
C’è molto nel programma generale di questo Pitti Uomo.
Eventi di ricerca e progetti speciali, maestri consacrati, nomi importanti, nuovi talenti italiani e internazionali: mostre, sfilate, installazioni, spettacoli, presentazioni, film. E per questo dobbiamo ringraziare anche il sempre sorprendente lavoro delle aziende, grandi medie e piccole, che attorno alle loro nuove collezioni per l’Autunno-Inverno 2019 producono un movimento incessante di promozione e comunicazione dentro e fuori la Fortezza da Basso, accendendo Firenze e i suoi luoghi di maggior prestigio o di più forte valenza simbolica. Sì perché un appuntamento globale e innovativo di moda come Pitti Uomo non riesce a restar chiuso all’interno degli spazi espositivi, persino in un gioiello rinascimentale come la Fortezza: lì si mette in scena il (necessario) spettacolo del prodotto e delle qualità manifatturiere, ma è nello spazio urbano che si esprime più compiutamente il rapporto di scambio reciproco tra economia e antropologia, la dimensione culturale del lavoro, la complessa identità di un’impresa. A livello internazionale sono due gli appuntamenti fieristici con tali caratteristiche dispiegate: Pitti Uomo e il Salone del Mobile di Milano. Ma nella moda è il modello Pitti-Firenze che viene ormai preso ad esempio, un vero e proprio caso di studio, un riferimento concreto, osservabile e quindi, in linea di principio, replicabile. Dicono che essere copiati sia un buon segno: può darsi, ma quando sono le grandi città o metropoli mondiali a combinare virtuosamente i fattori produttivi e a ingegnerizzare le formule corrette, il gioco si fa assai duro. Il livello della competizione si alza e anche chi può rivendicare un simbolico copyright deve attrezzarsi rapidamente, vietato riposare sugli allori. E’ il nostro caso. Le fiere che hanno o cercano leadership non sono solo vetrine, sono mondi in scala ridotta ma completa, città nelle città, che hanno bisogno di funzioni urbane ben organizzate e dinamiche, alle quali i redditi prodotti e indotti da quei saloni restituiscono a loro volta senso e prospettiva duratura: perciò siano i benvenuti i prossimi lavori in Fortezza e speriamo il meglio possibile per le nuove infrastrutture che la circonderanno e che ora sono in cantiere. Prevedere una serie di scenari futuri, pianificare e correggere, governare – non solo infrastrutture però. Per esempio quel bisogno che le aziende hanno di promuoversi anche in termini sociali e culturali dà vita a un effervescente mercato dei luoghi cittadini – pubblici e privati – da utilizzare come temporanei set per gli eventi. Non succede solo per la moda, ma è in queste occasioni che il fenomeno è particolarmente visibile. E le questioni che stanno emergendo sono due: da una parte alcuni si interrogano, non senza ragione, sui criteri che vanno adottati nel caso si chieda di utilizzare spazi di alto valore storico-artistico; dall’altra i prezzi (chiamiamoli pure) di affitto sono saliti di parecchio, circostanza che può non preoccupare una grande azienda ma penalizza sicuramente imprese piccole e di valore, che magari avrebbero progetti di qualità e di ricerca in grado di aprire uno stimolante dialogo con spazi di antico pregio. E’ possibile trovare un modo di governare il fenomeno e di sottrarlo, almeno parzialmente, alle pure forze di mercato (su entrambi i fronti, sia chiaro: proprietari/gestori, richiedenti)?
Suggerimenti? Per noi è questione decisiva quindi siamo disponibili e interessati a un confronto aperto.
Fonte, La Republica: www.repubblica.it/