Il logo di Firenze rispunta dall’oblio è rimasto lo stesso con in più il giglio.

ERNESTO FERRARA
Certi brand non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano. E così accade che accanto all’idea originaria, al gioco di parole da cui saltava fuori in sovra impressione la scritta “Firenze”, nella nuova versione del marchio della città approvata dalla giunta lo scorso 11 agosto, riappaia il vecchio, blasonato giglio rosso in campo bianco. Come a significare che non è certo con un divertente “lettering” che si può cancellare la storia. E alla fine al simbolo per eccellenza, dopo tutte le moderne riflessioni grafiche, è meglio tornare per dare davvero l’idea dell’identità.
Ricorda tanto la canzone di Venditti la vicenda del logo di Firenze, il marchio ufficiale della città che avrebbe dovuto rilanciare l’immagine internazionale della capitale del Rinascimento secondo le logiche del marketing territoriale. L’idea fu di Renzi, 2013: Palazzo Vecchio lanciò un concorso on line, 5mila idee da tutto il mondo, persino da Tonga. Alla fine vinse il fiorentinissimo Fabio Chiantini, grafico con studio in Santa Croce: una specie di sudoku di lettere con il nome Firenze declinato in latino, inglese e francese, spagnolo e tedesco. Un divertissement che scatenò polemiche, concorsi alternativi su Facebook, dure critiche. Il nuovo sindaco Dario Nardella, convinto del fatto che quel brand nulla avesse dell’efficacia dei più riusciti loghi di New York e Milano, decise così di mettere tutto nel cassetto, dopo aver pagato Chiantini, vincitore del concorso (circa 15 mila euro).
Tre anni dopo ecco la soluzione fatta in casa. L’ha varata la giunta dell’11 agosto scorso, ci ha lavorato a lungo il dirigente del settore comunicazione Andrea Ettorre. Con la delibera approvata l’11 agosto il nuovo brand diventa quello con il lettering e accanto il giglio. Ora il Comune bandirà una gara per il cosiddetto “licensing”, cioè per trovare un soggetto che gestisca il brand e i colori del Calcio storico, ne individui il posizionamento di mercato, trovi accordi commerciali e poi giri volta volta delle royalties al Comune. Come verà usato il nuovo marchio? Non tanto per il merchandising ufficiale (in città come Milano ha fallito, la concorrenza dei souvenir-paccottiglia è spietata), più che altro per iniziative di co-branding, accordi commerciali o mediatici e iniziative di marketing. Chissà che reazioni avranno stavolta social network e esperti.
fonte: La Repubblica, http://www.repubblica.it