È la notte tra il 18 e il 19 aprile 2015. A circa 110 miglia a sud di Lampedusa, un natante di circa 20 metri imbarca acqua e sta per naufragare. Da un satellitare parte una telefonata che lancia l’SOS: «Siamo in navigazione, aiutateci». Alla vista dell’arrivo del King Jacob, un portacontainer battente bandiera portoghese, molti degli oltre 800 migranti stipati fino all’inverosimile nel barcone, cercano di guadagnarne il ponte spostandosi tutti da un lato. I forti sommovimenti della massa di profughi a bordo provocano il ribaltamento della barca: alle tante persone già morte nella stiva si aggiungeranno quelle che finiscono in acqua e affogano. Alla fine, tra i migranti, in gran parte fuggiti dal Corno d’Africa e dalla Siria, si salveranno solo 28 persone. Il naufragio passerà agli atti come la più grave tragedia postbellica consumatasi nel Mediterraneo.
Il penoso successivo computo delle salme, l’organizzazione dell’accoglienza e dell’identificazione dei superstiti faranno emergere ancora più nitidamente un dato che fa luce su un fenomeno in costante evoluzione in Italia: una sessantina di quei migranti sono minori. Soli. Adolescenti, giovanissimi, talvolta bambini dall’età a una cifra, che per guerre, persecuzioni, carestie, povertà, lasciano famiglie e Paesi alla volta dell’Europa scortati da traghettatori senza scrupoli pagati profumatamente, al soldo di mafie trasnazionali.
Fino a una decina di anni fa, il fenomeno dei minori stranieri non accompagnati (MSNA), seppure in costante ascesa, manteneva dimensioni quasi insignificanti. A partire dal 2011, la realtà è mutata radicalmente. Negli ultimi anni, gli arrivi di migranti minorenni soli in Italia hanno subìto una graduale impennata finendo per raggiungere il record di 26.000 al termine del 2016 (dal 1° gennaio al novembre 2017, gli arrivi di MSNA sono diminuiti sfiorando la cifra dei 15.000, in gran parte per effetto dell’accordo che il nostro governo ha siglato con la Libia per il controllo delle migrazioni). Se nel 2014 quelli non accompagnati rappresentavano il 49% dei migranti minorenni giunti in Italia, nel 2015 hanno toccato il 75%, mentre nel 2016 hanno lambito la totalità: il 92%. Ultimamente sono cresciuti, tra i Paesi ‘esportatori’, il Gambia, l’Eritrea, la Nigeria. Continuano, però, ad arrivare anche da Egitto, Bangladesh, Afghanistan e Albania. La classe d’età di gran lunga più numerosa rimane quella di 16-17 anni (80%). È però in allarmante crescita la fascia che va dai 7 ai 15 anni. In gran parte sono maschi (93%) anche se dall’Africa giungono sempre più ragazze.
Cosa spinge questi ‘bambini Ulisse’ a lasciare il proprio Paese, la famiglia, gli amici, la scuola, il lavoro, per lanciarsi da soli in un’avventura che a volte non prevede ritorno?
Alla base di un così clamoroso aumento vi sono alcuni fattori chiave.
Uno dei principali riguarda la ormai sostanziale impossibilità di accedere legalmente in Europa se si proviene da Africa, Medio Oriente, Asia Minore e Oriente. Un minore offre almeno una certezza: se sarà così fortunato da passare indenne le violenze, le privazioni, le carceri o le prigionie che il viaggio prevede (da qualunque parte si provenga e si proceda) e la traversata del mare, sarà obbligatoriamente accolto dallo Stato presso cui approda visto che, nella gran parte delle nazioni del mondo, vige il principio di inespellibilità di un minorenne. Se una famiglia deve scegliere su chi investire le cifre infinite che un viaggio costa (fino a 15.000 dollari), quindi, lo farà su di lui o lei.
C’è poi un motivo legato al potere persuasivo delle mafie transnazionali che gestiscono in toto il fenomeno delle migrazioni forzate. Le caratteristiche di questo tipo particolare di migranti – giovanissimi, vulnerabili, facilmente aggirabili e non completamente perseguibili, ma anche sicuramente accolti per il principio di inespellibilità – ne fanno prede ideali di trafficanti. Attorno a loro si è costituita una sorta di mafia parallela che ragiona, si aggiorna, si muove per trovare sempre nuovi mercati della miseria, studia vere e proprie strategie per lo sfruttamento dei migranti.
Le migrazioni forzate moderne, poi, richiedono un ‘fisico bestiale’ per citare una nota canzone. Un giovane è certamente più atletico, scattante, smart e presenta capacità di resilienza maggiori di un adulto. «Durante il passaggio in mare – racconta Ahmed, un giovane egiziano giunto in Italia all’età di 15 anni – il trafficante ci disse che saremmo dovuti passare in una barca più grande per l’ultimo tratto. Il mare era in tempesta ed era buio pesto. Io e i miei amici (tutti minorenni) abbiamo deciso di attendere che le grosse onde facessero combaciare i bordi delle due imbarcazioni, contare fino a 3 e gettarci. Ci siamo tenuti per mano per farci coraggio e siamo saltati. Quel secondo è durato un’eternità». «Pagammo 9.000 Sefa, 90 dollari, per attraversare in macchina il deserto – spiega Keita un giovane partito a 13 anni dalla Costa d’Avorio –. All’appuntamento si presentò una sola jeep ma le persone in attesa erano moltissime. Alla fine, su quel fuoristrada che poteva contenere al massimo 9 persone, salimmo in 40. Stavo seduto su un pezzo di sedile con varie persone sopra. Viaggiamo per 9 giorni così, potevamo bere un bicchiere d’acqua al giorno. Mangiavo manioca. Al termine del viaggio, le mie gambe erano talmente anchilosate che strisciai fuori e caddi a terra».
Si potrebbero citare vari altri pull-factor. Al di là di percorsi e motivi spesso enormemente differenti, però, l’esperienza di questi ragazzini presenta certamente tratti comuni. La loro nuova esistenza, se saranno vivi alla meta, dovrà fare i conti con la solitudine, il senso del ‘mandato’ (le famiglie si impegnano per decenni per pagare i trafficanti. Ciò ingenera nel minore un senso del debito devastante assieme a disperazioni o depressioni nel caso in cui l’‘investimento’ non conduca al successo economico sperato), sindromi abbandoniche, difficoltà di integrazione. In età tenere.
In questo complesso panorama, assurge quindi a ottima notizia la legge approvata in via definitiva la scorsa primavera dal Parlamento italiano (legge per la protezione e l’accoglienza dei minori migranti, legge Zampa dal nome della prima firmataria) che, prima nel mondo, regolamenta l’accoglienza di questo tipo particolare di migranti, istituisce gli albi dei tutori, fissa regole comuni e, soprattutto, guarda a questi giovani come risorse, non solo come vittime.