Chi tutela la nostra privacy?
La vicenda giudiziaria, che ha coinvolto il comandante Rinaldi e un’agente della Polizia municipale, apre uno scenario inquietante
SIENA – La vicenda giudiziaria che vede coinvolto il comandante della Polizia Municipale di Siena, Cesare Rinaldi, al di là delle specifiche responsabilità personali, dovrebbe allarmare il semplice cittadino e tutta l’opinione pubblica, perché intacca il diritto alla riservatezza dei dati personali. Da tempo è in corso una discussione a livello mondiale sul rischio della diffusione di dati sensibili da parte di aziende che operano nel campo del traffico delle informazioni personali, e che ha prodotto scandali come quello che ha visto sul banco degli imputati multinazionali come Facebook e Cambridge Analytica, aziende private attive nel settore della registrazione e catalogazione di una infinità di dati, teoricamente sotto tutela. Appare logico che la stessa responsabilità di tutela deve riguardare, a maggior ragione, il settore pubblico, che sia un Comune, una Regione o lo stesso apparato statale.
A leggere le cronache locali di questi giorni, che hanno riportato notizie estrapolate dalla richiesta del magistrato senese Malavasi di sospendere dall’incarico il comandante della Polizia municipale e la sua consorte, anch’essa poliziotta e dipendente comunale, vi sono elementi di accusa di enorme gravità proprio sul fronte della tutela della privacy dei cittadini senesi. Ciò che emerge, e che dovrebbe inquietare l’opinione pubblica, è la facilità (sebbene la presunta azione criminosa sia tutta da provare lungo tutto l’iter giudiziario), con la quale un pubblico ufficiale di una città di provincia riesce ad appropriarsi di dati tutelati dalla privacy a scopi personali. Tale comportamento, a quanto si legge nei giornali locali, sarebbe stato agevolato dalla complicità di un agente dei servizi segreti e due carabinieri. Non c’è stata nessuna inchiesta giudiziaria, nessuna autorizzazione di un Magistrato: per conoscere i dati sensibili di uno o più cittadini, stante l’accusa del Magistrato, sarebbe bastato contattare una persona autorizzata a consultare la banca dati della sicurezza nazionale.
La relativa facilità di accedere ai dati personali per controllare anche gli spostamenti della vittima da parte di un rappresentante della Polizia municipale, non può non porre all’attenzione della cittadinanza senese un problema di garanzia dei diritti costituzionali. Il sindaco di Siena, ovvero il rappresentante della comunità, dovrebbe farsi carico di questo evidente pericolo che investe i diritti fondamentali dei cittadini. Tuttavia, fino ad oggi, dalle dichiarazioni che abbiamo letto non pare preoccuparsi. Tant’è che ha lasciato all’azione del Magistrato l’inevitabile provvedimento di sospensione del comandante della Polizia municipale e dell’altro agente, anziché provvedere lui stesso in via cautelativa, in attesa della conclusione dell’iter giudiziario. Inoltre, ha solidarizzato ed espresso un umano dispiacere nei confronti dell’accusato anziché della vittima di stalker. Del resto, come sarebbe stato possibile per lo stesso Rinaldi, funzionario di rilievo della pubblica amministrazione, stante le gravi accuse, proseguire a svolgere il proprio compito, con serenità e con la fiducia dei cittadini? E chi ci garantisce che tale controllo sui cittadini non si sia realizzato, o non possa avvenire, anche in altre circostanze?