Oppiacei e metanfetamine a prezzi stracciati. I gruppi jihadisti hanno messo in piedi un traffico che fa base in Libia, passa dal Mediterraneo centrale e ha ramificazioni anche nel nostro Paese.
Quando gli uomini della Guardia di Finanza di Genova hanno aperto i tre container segnalati dalla Dea, hanno fatto fatica a crederci. Lì, in mezzo alle coperte e alle bottiglie di shampoo, c’erano nascoste oltre 37 milioni di compresse di Tamol X. Trentasette tonnellate di un potente oppioide — il tramadolo — che in Italia può essere venduto solo con prescrizione medica non ripetibile e che viene commercializzato come Contramal.
Provenienza del carico: India e Sri Lanka. Destinazione: Tobruk, Libia. Società intestataria dell’acquisto: una compagnia di Dubai. Valore stimato della merce contraffatta: 75 milioni di euro. Quattro passaggi che a leggerli danno l’idea. Secondo gli inquirenti italiani e statunitensi che in maggio hanno indagato fianco a fianco, si tratta di un traffico che serve a finanziare le organizzazioni jihadiste e che agisce sulle stesse rotte dei trafficanti di migranti.
I carichi partono dall’India e dallo Sri Lanka, perché qui grazie a vuoti normativi vengono prodotti i medicinali contraffatti a un costo molto più basso che nel resto del mondo. All’inizio del viaggio il farmaco è registrato come merce, poi sparisce dalle bolle. Di nave in nave, di container in container, le pasticche arrivano in Nord Africa. Ed è a questo punto che entra in gioco l’Italia. Perché i porti che imbarcano merci per la Libia, in Europa, sono due: Genova e Castellon de la Plana in Spagna.
Cinque dollari a pasticca
Come si legge nella richiesta di sequestro firmata dal pm Federico Manotti, il nostro Paese è al centro di questo traffico di droga. Una volta transitati da Genova, i carichi proseguono il loro viaggio verso il Nord Africa. Poi, dalla Libia, grazie ai confini porosi e alla mancanza di controlli, la droga passa in Egitto. Se invece la destinazione finale è la Siria, il porto di transito è il Pireo, dove l’anno scorso sono stati sequestrati 26 milioni di pasticche.
Solo una parte del Tamol è destinata al campo di battaglia. Quindi, al netto delle storie che parlano di droga del coraggio e di miliziani strafatti che combattono senza paura di morire, la fetta più grande di questo traffico finisce nelle strade di tutto il Medio Oriente, al di fuori dei territori controllati dallo Stato Islamico. Una pastiglia costa 5 dollari, molto più economica di una dose di eroina. Perfetta per i ragazzi perduti di Gaza, utile per chi deve lavorare 18 ore al giorno e non vuole più sentire fatica al Cairo, adatta per le prostitute di Amman, conosciuta anche dai ragazzini costretti a cucire magliette nei laboratori del Sud della Turchia. Una droga per tutti, ché alla fine nessuno vuole sentire il dolore della miseria e della guerra. Con il vantaggio che in molti Paesi del Medio Oriente, a differenza degli stupefacenti che sono proibitissimi, il tramadolo non è illegale.
Isis soffre sul campo militare in Siria e in Iraq. Ma Isis non perde denaro. Anzi. Secondo gli analisti della Cia e delle intelligence di mezzo mondo, in questi anni il traffico di droga ha portato nelle casse del gruppo terroristico miliardi di dollari. E se è facile e redditizio per i jihadisti gestire il cartello, molto più difficile è fermare il flusso per gli inquirenti. Risalire all’intestatario di una società negli Emirati per chi indaga è praticamente impossibile. Il problema non è solo la lingua. Scartoffie, rogatorie: dall’altra parte nessuno può o vuole aiutarti a capire, penetrare il sistema giudiziario del Golfo è una missione che scoraggerebbe il più tenace degli investigatori. Stesso discorso in Libia. E quindi per i jihadisti il gioco è fatto.
Secondo l’ultimo rapporto dell’European Monitoring Centre for Drugs and Drug Addiction pubblicato a inizio giugno, nel 2015 gli oppiacei sintetici hanno iniziato a rappresentare una minaccia crescente negli Stati Uniti e in Europa. Tra questi, proprio il tramadolo, sequestrato in ben 12 Paesi diversi. Anche qui giocano «a favore» basso costo e facilità di circolazione. Non è difficile dunque ipotizzare che le pasticche di Isis possano essere smerciate anche in Italia. Secondo gli inquirenti un mercato in ascesa potrebbe essere quello dell’antidoping, con il risultato che atleti e sportivi potrebbero, senza saperlo, assumere droghe marchiate Isis.
Altro prodotto redditizio per le casse del Califfato è il Captagon, di cui molto si è parlato dopo l’attentato di Parigi, quando nei covi dei terroristi vennero trovati lacci emostatici e flebo. «La droga del coraggio», «La droga del jihad», la chiamano. Al di là dei soprannomi, si tratta di una metanfetamina, la fenetillina, che non fa sentire fatica. Mescolata a caffeina, è stata usata dai gruppi antigovernativi durante la guerra civile siriana. Non a caso i principali laboratori di fenetillina si trovano in Siria e in Libano.
Le feste degli sceicchi
Rispetto al tramadolo, il Captagon è roba da ricchi. Intanto perché costa di più: 8 euro a pastiglia. Ma anche perché è uno stimolante. Nel 2015 la polizia saudita ha bloccato 22 milioni di pillole destinate ai party e agli yacht degli sceicchi. E sempre nello stesso anno i funzionari aeroportuali libanesi ne hanno sequestrato due tonnellate, in attesa di essere caricate sull’aereo di un principe saudita poi arrestato. Facile vederlo girare nei party a Damasco o a Teheran.
Da più parti è stato scritto che il Captagon è molto in voga tra i miliziani di Isis perché fa passare la paura in battaglia. Ma secondo gli esperti come Laurent Laniel dell’European Monitoring Centre for Drugs and Drug Addiction non esistono evidenze in questo senso. «A differenza del Tramadolo, che è un farmaco, qui siamo in presenza di una droga vera e propria, difficile che i jihadisti diano il permesso ai loro miliziani di prenderla», è la spiegazione.
Se poi si vanno a leggere i referti autoptici degli attentatori di Parigi, si scopre come non ci sia alcuna traccia di droga o di alcol nel loro sangue. Diverso invece il caso del terrorista di Sousse, trovato positivo ai test. Al di là dei singoli casi, resta il fatto (dimostrato dalle indagini) che il cartello di Isis spaccia anche questa sostanza. A fine maggio all’aeroporto di Parigi ne sono state sequestrate 750 mila pasticche per un valore di 6 milioni di euro. Altri soldi che servono a comprare armi, pagare mercenari e finanziare attentati.
@martaserafini
- Lunedì 4 Settembre, 2017
- CORRIERE DELLA SERA