Il capitalismo della mobilità e la gestione dei servizi

La transizione energetica e l’adozione di modelli di trasporto sostenibile sono parte integrante delle misure necessarie per affrontare i mutamenti climatici. Ma la politica stenta ancora

Siamo sempre più connessi. Non solo con la rete e con i social. Ma anche con sistemi di trasporto che stanno cambiando la geografia della nostra vita. Le distanze assumono una caratteristica diversa rispetto alla storia, anche recente, dell’umanità. Ci muoviamo anche restando fermi. Con un click su una piattaforma online ordiniamo un libro, un vestito, un telefonino. E quello ci arriva a casa dopo qualche giorno, percorrendo il canale della logistica distributiva, utilizzando le diverse modalità di trasporto, passando attraverso i magazzini di riordino.

Il mondo del traffico commerciale sta vivendo una fase di radicale trasformazione. Il commercio elettronico disintermedia un’intera filiera distributiva, creando nuovi colossi della distribuzione informatizzata, che poi non fanno profitti sulle merci, ma sullo storage delle grandi memorie computerizzate e sulla vendita dei dati dei consumatori, profilati per la gioia degli esperti di marketing.

Gli attori economici della mobilità, intanto, si riorganizzano e si concentrano in raggruppamenti oligopolistici: nel trasporto marittimo dei contenitori, tre grandi “alleanze” detengono oltre l’80% del mercato, e nel trasporto aereo ormai si va nella stessa direzione.

I colossi della logistica governano le reti di connessione e schiacciano nella morsa della propria forza commerciale i clienti e i fornitori. Dhl, Schenker, Ups, Fedex governano i flussi mondiali delle merci, soprattutto nel segmento delle consegne espresso. Germania e Stati Uniti detengono il primato della logistica, e in questo modo proteggono anche le posizioni delle loro industrie manifatturiere, rafforzate mediante il controllo della rete distributiva.

La gerarchizzazione e la concentrazione dei mercati non sono senza conseguenze. Nel trasporto del cargo aereo le tariffe sono aumentate del 55% nel 2020 rispetto all’anno precedente. Nel trasporto marittimo i noli dei container sulle grandi rotte transoceaniche si sono decuplicati nel 2021 rispetto al 2019. Insomma, la globalizzazione è stata dapprima consentita dalla drastica riduzione dei costi del trasporto negli anni Ottanta e Novanta del secolo passato. Ora la rete delle connessioni commerciali, concentrata su base oligopolistica, sta divorando i suoi figli, come il conte Ugolino con la sua prole. D’altro canto, muovono i primi passi anche le innovazioni tecnologiche dei nostri tempi, come i droni per la consegna nell’ultimo miglio, o i veicoli a guida automatica, che saranno destinati a trasformare la logistica nelle città.

Nel settore del trasporto passeggeri, mentre si diffonde nel mondo l’alta velocità ferroviaria, il treno è sotto un’altra ondata di cambiamenti, per effetto della monorotaia a lievitazione magnetica o per la sperimentazione di Hyperloop di Elon Musk, un convoglio passeggeri che può viaggiare a mille chilometri all’ora.

Le automobili vanno ormai verso la motorizzazione elettrica, mentre i motorini e i monopattini elettrici stanno cambiando il modello di mobilità individuale nelle metropoli. Il trasporto collettivo arranca, ancora incapace di cogliere il senso delle innovazioni, mentre le tante piattaforme della mobilità privata hanno dato vita a nuove figure professionali senza diritti e senza futuro.

Si contrappone ancora una volta, e non è la prima nella storia del capitalismo, il consumatore al lavoratore. Prezzi bassi per servizi privati corrispondono alla erosione dei diritti dei produttori. È una delle contraddizioni del capitalismo della mobilità.

Che fare? Bisogna anzitutto sincronizzare gli orologi della regolazione alla logica della mobilità contemporanea. Nel settore del trasporto commerciale vanno assunte decisioni che taglino le unghie agli oligopoli, pubblici o privati che siano. Se infatti le infrastrutture debbono restare nella sfera della proprietà pubblica – memori anche degli errori commessi con la privatizzazione delle autostrade in Italia, o della rete ferroviaria nel Regno Unito –, nei servizi per la mobilità vanno assicurate regole sulla concorrenza che non consentano rendite di posizione e, dunque, inefficienza nelle prestazioni. Nel trasporto dei passeggeri, come nella logistica, devono essere ripristinati i diritti elementari dei lavoratori, alla stregua di tutto il mercato privato, accanto a ragionevoli obiettivi di produttività nel settore dei servizi pubblici.

Inoltre, vanno messi in campo tutti gli strumenti possibili per incentivare la mobilità sostenibile. La transizione energetica e l’adozione di modelli di trasporto sostenibile sono parte integrante delle misure necessarie per affrontare i mutamenti climatici che sono sotto i nostri occhi. Nel Ventunesimo secolo, insomma, quello della mobilità è un orizzonte fondamentale del nostro futuro. Ma la politica stenta ancora. Il Piano di ripresa e resilienza affronta la questione prevalentemente sul versante degli investimenti nelle infrastrutture. Non basta. È nella gestione dei servizi che si gioca il secondo, decisivo tempo della partita.

 

 

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