I tavolini e il suolo pubblico

Quando concedere tutto a tutti diventa inutile (per gli stessi interessati)

di Pierluigi Piccini

Paliamo del provvedimento sulla liberalizzazione del suolo pubblico preso dall’Amministrazione comunale di Siena, ma senza entrare nella questione del decoro urbano e degli aspetti di natura “estetica” che tale disposizione comporta. Con particolare attenzione, però, al tipo di installazioni che vengono messe in opera e soprattutto alla loro reversibilità nei confronti, ad esempio, della pavimentazione in pietra serena. Interessante, viceversa, è affrontare un aspetto più oggettivo: il presunto vantaggio economico che dovrebbe apportare ai gestori delle attività di somministrazione. Cerchiamo di farlo senza fare il solito tifo dei favorevoli e dei contrari e senza offendere nessuno, cercando di escludere le frasi fatte, ma guardando in faccia la realtà. Ebbene, il provvedimento dei “tavolini” alla fine non porterà nessuno tipo di vantaggio. Anzi in alcuni casi comporta degli investimenti che non sempre potranno essere ammortizzati da un unico esercizio economico e che porteranno, pertanto, ad analoghe richieste anche per gli anni a venire. Le autorizzazione così come sono state pensate, con la loro generalizzazione indiscriminata annullano di fatto i benefici. È un intervento a somma zero, di natura lineare, non analitico, che non tiene conto delle differenze oggettive della realtà cittadina. Non solo, come avevamo già scritto, le posizioni avvantaggiate per la loro ubicazione resteranno avvantaggiate mentre le sfavorite resteranno tali. Basterebbe solo citare la diversità di essere dentro o fuori le mura, essere in piazza del Campo o nelle zone periferiche del centro urbano. Così come la situazione meteorologica inciderà sicuramente sul comportamento di chi preferisce consumare all’aperto per questioni non solo di sicurezza. E poi, siamo sicuri che esista un modo unico di affrontare i problemi e una sola soluzione? I provvedimenti non possono che essere eccezionali, presi in una situazione di emergenza, limitati nel tempo. Allora, non sarebbe stato meglio confermare il suolo pubblico a chi già lo aveva consentendo un allargamento limitato a quest’ultimi per il distanziamento e aiutare tutti gli altri con interventi mirati di natura tributaria? Un esempio potrebbe essere l’annosa questione degli affitti: diminuire le addizionali IRPEF e l’IMU per consentire ai proprietari dei locali di ridurre il canone. Altra questione la nettezza urbana che in questo periodo non è stata prodotta. Insomma, un ruolo attivo del Comune nei confronti degli operatori, in aggiunta ai provvedimenti già intrapresi. Si sarebbero eliminati, in questo modo, molti problemi, non ultimo quello della gestione degli spazi urbani pubblici che non appartengono a nessuna attività in esclusiva. Allo stesso tempo, avremmo potuto aiutare concretamente i soggetti più svantaggiati. Quello che è stato messo in piedi è un provvedimento sostanzialmente sterile che alla fine, con molta probabilità, non faciliterà, se non verrà accompagnato da altri interventi, la ripartenza post virus.

N.B: l’art. 181 del DL, Decreto Rilancio che appena sarà trasformato in legge esigerà il chiarimento da parte dell’amministrazione comunale su alcuni punti dell’ordinanza sindacale in materia di suolo pubblico.