di Pierluigi Piccini
Ho letto e riletto la lettera di Enzo Martinelli, che scopro ancora attivo e presente, cosa che mi fa piacere dopo anni di silenzio. Devo constatare che Martinelli ha una visione abbastanza arcaica delle liste civiche. Innanzitutto vanno distinte quelle nate come liste civetta da quelle reali: non si può fare di tutta un erba un fascio. E la controprova è sotto gli occhi di tutti, molte delle liste civiche che hanno partecipato alla campagna elettorale del 2018 sono sparite. Inoltre, non confonderei la politica e i partiti: le liste civiche fanno politica, cosa che Martinelli sa bene. L’apparentamento con il Pd che Per Siena ha fatto è quello previsto dalla legge e termina in caso di insuccesso il giorno dopo le elezioni, come è avvenuto. Piuttosto parlerei, nel caso di Per Siena, di civismo politico autonomo dai partiti, ma capace di ragionare in una logica politica. Dunque, è riduttivo parlare, nel nostro caso di lampioni e marciapiedi che fanno comunque parte dell’attività amministrativa, e che rispondono ai bisogni dei cittadini. Per quanto ci riguarda abbiamo fatto e continuiamo a fare proposte di carattere generale, svolgendo in alcuni casi un ruolo palesemente egemonico rispetto anche ai tradizionali partiti. E’ il caso proprio del Monte dove non ci siamo limitati a chiedere l’ovvio come dice Martinelli, ma abbiamo fatto una proposta che ha tutte le caratteristiche di una soluzione Paese. Ovvero, la Banca Pubblica di Investimento, già presente in alcuni Paesi europei ed è riconosciuta dall’Unione europea. Una proposta che utilizza il Medio Credito Centrale e la Cassa Depositi e Prestiti per rivolgersi alla piccola e media impresa e ai soggetti economicamente più deboli, in modo da far utilizzare in maniera efficace anche i finanziamenti europei che stanno per arrivare. Tale ipotesi si è scontrata con la debolezza di competenze che affliggono oggi i partiti e con la necessità di una creatività finanziaria che scarseggia in Italia: si preferiscono le fusioni classiche che hanno molti lati positivi, ma solo per chi le gestisce.
Per quanto mi riguarda, ho fatto le nomine in Fondazione solo nella fase di transizione che si è conclusa nel 2001 con la nomina di Mussari che non mi appartiene, consegnando un tesoro enorme alla città, ma distrutto in pochi anni. Il mio rapporto, con il partito che ha anticipato il Pd si è concluso nel 2004. Guardo con attenzione ciò che si muove in quel partito come lo potrebbe fare un qualsiasi analista politico. Alcune volte ci sono delle convergenze in Consiglio comunale con il Pd così come per alcune proposte della maggioranza. Da vera lista civica, ci sentiamo liberi di valutare i contenuti che ci vengono sottoposti e teniamo conto dei comportamenti dei consiglieri su ciò che proponiamo. La critica attuale va ai responsabili degli enti locali e ai partiti politici che hanno responsabilità istituzionali dirette di governo. Sono stati rinunciatari, non hanno saputo proporre cose credibili, sono rimasti subalterni ai tecnici del Ministero e non solo ad essi, insomma non sono stati all’altezza della situazione, non sono neppure riusciti a farsi accompagnare da tecnici capaci. Situazione che si è consolidata negli anni, quando si è pensato che il partitismo e gli accordi fra di essi potessero sostituire le competenze. Purtroppo si continua su questa strada. Ed è più semplice guardare confusamente al passato piuttosto che tentare di costruire un futuro per Siena, obbligatorio per chi ha responsabilità amministrative. Anche questo è fare politica, ma è assai dannosa per la città.
Siena
L’appello alla politica sul Monte dei Paschi riapre il gioco dei partiti
Enzo Martinelli e la critica alla stagione delle liste civiche. «Si è esaurita la logica del lampione, della strada, del parcheggio»
di Enzo Martinelli
Il recente appello alla politica del sindaco De Mossi trascende la specifica vicenda del Monte dei Paschi. Sicuramente avvia nuovi scenari nella vita pubblica cittadina di cui l’ennesimo rimpasto della giunta rende oggettiva testimonianza. Chiamare in causa la politica significa aprire il gioco ai partiti, cioè ai soggetti ai quali la Costituzione repubblicana assegna di ruolo di concorrere alla vita democratica organizzando e rappresentando nelle sedi istituzionali, i diversi interessi e orientamenti dei cittadini. Appellarsi ai partiti equivale a riconoscere gli oggettivi limiti operativi del cosiddetto civismo. La coabitazione della dozzina di liste civiche che hanno fornito due terzi dei voti all’avvocato De Mossi per sedersi sulla poltrona di sindaco è stata difficoltosa fin dall’insediamento della giunta. Troppi gli interlocutori e gli aspiranti agli incarichi. I successivi passaggi di alcuni consiglieri da un gruppo a un altro, i cambi di assessori e di casacca, le dimissioni e le sostituzioni di alcuni eletti hanno dimostrato in questi tre anni che l’unico vero collante della coalizione era ed è il Comune, legittimo e sacro furore di sostituire ’il governo rosso’. Sul resto si è navigato a vista. Insomma la politica della strada, del marciapiede, del lampione e, se va bene, del parcheggio si è esaurita e dentro la giunta è diventato ormai decisamente prevalente il peso della Lega e di Fratelli d’Italia, oltre a quello residuale dei berlusconiani. I consiglieri delle liste civiche dunque non hanno gradito, prima ancora del rimpasto della Giunta, la chiamata in causa dei partiti da parte del sindaco sulla questione della banca. I civici rilevano, non a torto, che i partiti locali e nazionali nei quattro anni concessi dall’UE per sistemare la faccenda Monte, non hanno prodotto nulla di buono. Nessuna percorribile e realistica proposta. Hanno solo espresso desideri: tutela del rapporto col territorio, dell’occupazione, del marchio e della Direzione Generale, niente di più di quanto sempre hanno manifestato anche le liste civiche.Dunque a cosa serve aprire il tavolo alla politica, ai partiti? E perché l’apertura avviene proprio nel corso di una campagna elettorale nella quale è presente, come candidato, il segretario nazionale del PD, il partito del disastro della Banca e della città? E cosa dire degli interlocutori? Al riguardo i civici rilevano che la classe dirigente, che a suo tempo nominò i consigli di Amministrazione della Banca e della Fondazione che disposero ’il sacco di Siena’, tuttora dirige e rappresenta il PD anche nelle istituzioni e che in fin dei conti la sinistra, nel Consiglio comunale, è prevalentemente rappresentata dalle liste civiche di due ex sindaci, Piccini e Valentini; dunque il PD è un interlocutore del tutto inaffidabile.Insomma De Mossi sollecitava una ’politica alta’, ma contenuti e protagonisti del dibattito non sembrano raggiungere i livelli auspicati. Forse già pensano al nuovo Consiglio Comunale.*già consigliere comunale e direttore scolastico regionale