Gli sfollati in corteo «Strade riaperte o fermiamo la città» Toninelli contestato.

GENOVA L’ira dei miti non è tremenda ma ha una ingenuità che la rende genuina. «Siamo in cinquemila, siamo in diecimila». Lo ripetono in coro, quasi a darsi coraggio. Quando il corteo iniziale arriva in piazza De Ferrari, l’impiegato di banca Mauro Puppo tira fuori il nastro bianco e rosso e lo svolge per recintare l’area, a rappresentare la prigionia della Valpolcevera. Molti non capiscono e invece di farlo passare da una persona all’altra si ingarbugliano, avvolgendoselo ai fianchi.

Oltre il ponte, nome del comitato spontaneo che ha lanciato la manifestazione via Facebook, ci sono i quartieri di Ponente isolati dal resto di Genova, ora che il viadotto non c’è più e chissà quando verrà ricostruito. Alle dieci del mattino ne escono persone che non sono abituate ad alzare la voce, che non sono mai state in corteo prima di questa mattina. Non sono diecimila, ma il loro numero crescerà nel corso della giornata, alla fine il conteggio empirico arriva intorno alle 1.500 presenze, segno di una città unita anche nel perdere la pazienza. Lo striscione più bello è quello del neonato comitato di Lungomare Canepa, la via che ora raccoglie tutto il traffico in uscita dal porto. «Siamo la prima autostrada nel mondo in un centro abitato». Gli altri riportano slogan eloquenti, «Vogliamo risposte», «Il tempo sta scadendo».

Andrea Brina, uno degli organizzatori, direttore del Teatro sociale del quartiere Certosa, il più vicino alla zona rossa, quantifica al megafono quanto ne rimane nella clessidra. «Aspetteremo ancora un mese per avere le strade riaperte e i fondi che ci sono stati promessi, poi torneremo per bloccare la città, autostrade comprese». A voce bassa, quasi chiede scusa per i toni perentori. Al suono di The Wall dei Pink Floyd, Marianna Amatore, la ragazza che con un post dove ha invitato la gente a uscire dalla realtà virtuale dei social ha gettato il seme di questo corteo, mette al centro della piazza una scultura di polistirolo che raffigura un muro con sopra l’immagine del defunto Ponte Morandi. «Come se settantamila persone vivessero segregate. Anche andare al Pronto soccorso è diventata una impresa. Siamo sempre stati abituati a non avere servizi, ma almeno fino al 14 agosto c’era il ponte, e potevamo cercarli altrove. Adesso ci sentiamo davvero prigionieri».

Litigano tra loro per scegliere la delegazione di cinque cittadini, un operaio, un libero professionista, un commerciante, uno sfollato, un imprenditore, che salirà in Regione per leggere un testo di denuncia del loro stato attuale. Parte qualche fischio all’indirizzo del presidente Giovanni Toti e del sindaco Marco Bucci, che incontrano i manifestanti all’uscita dalla Prefettura. Gli organizzatori si dissociano, dagli altoparlanti continuano a ripetere che non si tratta di una manifestazione politica. Alice Salvatore, la capa dei Cinque Stelle liguri nel cuore di Luigi Di Maio, viene invitata ad allontanarsi. Non è una contestazione, quanto piuttosto una dimostrazione di insofferenza che segna un cambio di stagione per Genova.

La pazienza è davvero agli sgoccioli. Deve averlo capito anche Danilo Toninelli, che sarebbe il principale oggetto delle attenzioni dei manifestanti, se soltanto si palesasse anche lui. Il ministro delle Infrastrutture invece non si concede agli organizzatori, che volevano fargli dono del muro, «da utilizzare per la prossima puntata di Porta a Porta». Ma non può evitare il colloquio con la delegazione degli sfollati, che riceve in una sala riservata della Capitaneria di porto. «Gli ho detto di smetterla con le bugie» racconta Franco Ravera. Il portavoce delle famiglie sgomberate, ha dismesso i toni concilianti di questi due mesi. «Avevano promesso 50 milioni per i senza tetto, ora leggiamo che sono 20. Meno di centomila euro a famiglia per comprare una nuova casa. Basta, non se ne può più. Abbiamo bisogno di certezze». Comunque Toninelli ha incontrato la stampa per dire che il decreto Genova non va contestato perché è stato scritto «con il cuore e con una tecnica giuridica elevata». Poi se n’è andato senza rispondere a nessuna domanda.

Fonte: COrriere della Sera, https://www.corriere.it/