ROMA – Chi comanda nei Cinque Stelle? Il sofferto sì alla riforma Cartabia lascia uno strascico di polemiche nel partito di Giuseppe Conte, dove le componenti interne si affidano a veline e fonti coperte per combattere la battaglia della leadership.
Dopo il via libera del consiglio dei ministri le ricostruzioni di stampa riferiscono della decisiva moral suasion giocata da Luigi Di Maio nei confronti di Conte, per convincerlo ad accettare il testo riformulato, con il possibile allungamento dei tempi processuali per mafia, terrorismo ed altri reati gravi. L’idea che Di Maio, o chi per lui, si accrediti come l’autore della mediazione con Palazzo Chigi manda su tutte le furie l’ala contiana del Movimento.
A poco serve la smentita che la Farnesina si affretta a diramare di prima mattina. “Nessuno scontro nè tensioni. Il ministro Di Maio ha lavorato in asse con Giuseppe Conte e ha fatto squadra con tutti i ministri M5s. Quello di ieri sulla riforma della giustizia è un risultato corale di tutto il Movimento, frutto della leadership determinante Di Giuseppe Conte”, è il comunicato dettato dallo staff di Di Maio.
Ma il faro resta puntato sull’ex capo politico e la sua area di riferimento, mentre Beppe Grillo per il momento rimane sullo sfondo. Diversi parlamentari vicini a Giuseppe Conte non credono alle smentite di rito e sottolineano la gravità dei retroscena in ipotesi riconducibili allo stesso Di Maio. Secondo i contiani c’e’ stata una regia mediatica, che ha tappezzato tutti i giornali per indebolire Conte a suon di retroscena. Ma in questo modo, spiegano parlamentari vicini all’ex premier, Di Maio si è messo in minoranza nel partito.
La polemica corre sotto traccia. A poco serve un comunicato ufficiale che ribadisce la compattezza del Movimento Cinque Stelle e riferisce il successo di Conte “solo ai risultati raggiunti” e non ad altre più o meno fruttuose opere di persuasione. I Cinque stelle ci tengono a ribadire che la truppa parlamentare è granitica. “Invitiamo tutti, anche i professionisti dell’informazione, a evitare di rappresentare eventuali spunti di singoli come ‘fonti parlamentari del Movimento’ e ad evitare altresì di accreditare l’esistenza di correnti, vietate peraltro dallo statuto”. Le correnti saranno pur vietate dallo statuto, ma non lo sono dalla realtà.