Giorgetti finisce sotto assedio “Io attaccato per colpire Matteo”

Il ministro costretto a difendersi dalle critiche esterne e dai veleni interni al Carroccio “Ci vogliono fuori dal governo”. E firma la tregua con il leader: serve fare più squadra
FRANCESCO OLIVO
I nemici sono fuori. Giancarlo Giorgetti e Matteo Salvini, dopo settimane di freddezze e incomprensioni, siglano un accordo che sa di tregua: basta attacchi interni, concentriamoci su quelli che arrivano dagli avversari.
Il ministro dello Sviluppo economico si sente sotto assedio, la lista di quelli che lo attaccano è sempre più lunga e se i media si sono concentrati sulle sfide che gli arrivano da dentro il suo partito, al Mise stanno tenendo il conto delle «decine e decine» di dichiarazioni nelle quali gli esponenti di Pd e M5S lo mettono sotto accusa. I temi sui quali gli avversari lo attaccano, anche all’interno dello stesso ministero, sono molti. «Faccia di più per le discoteche», «sul tessile è immobile», «pensi ad Alitalia», «non trascuri il comparto auto», e via dicendo. Niente di strano, in fondo, nella dialettica tra partiti così diversi e verso un ministro che deve gestire le crisi aziendali. Ma Giorgetti vede queste accuse come parte di un’operazione più ampia, così, facendo sciogliere un ghiaccio formatosi nelle ultime settimane, ieri ha parlato con Salvini, consegnando un messaggio: «Questo è quello che devo subire ogni giorno. Ci vogliono fare fuori dal governo». Il ministro crede che l’oggetto di quella che considera un’offensiva ben orchestrata non sia lui, «attaccano me per colpire Matteo».
Dietro la mano tesa c’è una critica al modo in cui il dibattito interno alla Lega si sta conducendo: «Dobbiamo fare più squadra per andare avanti». Un modo per dire, tra le altre cose, che non sempre la Lega lo ha difeso, specie nei territori e in qualche frangia estrema dei parlamentari «credono forse che Giancarlo si possa difendere da solo», quando invece si tratta, nella sua visione, di una manovra per isolare la Lega. La battaglia tra governisti e pasdaran salviniani, che si è scatenata nelle ultime settimane specie sul Green Pass, insomma, si chiude, almeno per ora, con un serrate le fila: d’altronde «ci vogliono fare fuori» è la linea che la Lega sta portando avanti da alcuni giorni.
Per Giorgetti non sono giorni semplici. Il ministro parla poco, quasi niente. Dopo l’intervista rilasciata a La Stampa, nella quale criticava le candidature del centrodestra e metteva in discussione la linea del suo segretario, a partire dalla partita decisiva del Quirinale, il ministro dello Sviluppo economico ha scelto il silenzio. Non ha risposto ai tanti veleni che sono stati sparsi contro di lui nei giorni scorsi dai leghisti, «vuole fare il premier», «si è montato la testa», «gioca con gli avversari», malignità di tutti i tipi, anche sulle chat dei deputati, che non lo hanno sconvolto, ma nemmeno lasciato indifferente.
Giorgetti, però, ha sempre voluto fare una distinzione tra salviniani e Salvini, ovvero attribuisce questi attacchi ai fedelissimi più realisti del re e non al segretario con il quale, pur nelle enormi differenze caratteriali e di ruolo, non ha mai rotto davvero i ponti. Certo, non si sono sentiti per molti giorni, come mai era successo, né tanto meno si sono visti, anche a causa di una campagna elettorale per le amministrative che invece di unirli ha aumentato il solco e le diffidenze del capo, verso l’autonomia considerata eccessiva. Tanto che il capogruppo alla Camera Riccardo Molinari due giorni fa incolpava apertamente i ministri della disfatta elettorale delle amministrative.
Passate le elezioni, l’atmosfera è cambiata, ci sono i ballottaggi da vincere (un’impresa a Torino e Roma) e soprattutto un partito da non mandare in frantumi.
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