Oggi la presentazione dell’ultimo libro di Vito De Luca dedicato alla figura controversa del filosofo legato al fascismo
PERSONAGGIO
Giovanni Gentile è ancora un filosofo che fa discutere. Divide più che unire anche se, recenti studi a lui dedicati hanno cercato di mettere in luce aspetti – diciamo così – liberali sia pure venati di nazionalismo, che in qualche modo puntano ad una rivisitazione del pensiero del filosofo, protagonista del primo Novecento. Una figura senz’altro controversa che da un lato sceglie di aderire al fascismo (diventerà ministro della Pubblica istruzione dal 1922 al 1924 quando si dimise dopo il delitto Matteotti) dall’altra dice no alle Leggi Razziali del 1938, ma che poi sposa fino in fondo il fascismo repubblicano aderendo alla Repubblica sociale finendo per essere assassinato dai partigiani nell’aprile del 1944. E se, da un lato l’influenza intellettuale di Gentile è, ed è stata ampia soprattutto nella prima parte del Ventesimo secolo (si veda il suo lavoro sull’Enciclopedia Treccani), non vi è dubbio che Gentile sia diventato scomodo, addirittura contestato. Insomma, in una parola dimenticato. E non vi è dubbio che il suo pensiero definito dell’«attualismo» non solo abbia condizionato la cultura italiana, ma sia stato anche molto studiato senza soggezione rispetto a tanti altri filosofi del XX secolo.
LIBRO
Ora agli studi di settore si aggiunge un nuovo tassello grazie al lavoro di Vito De Luca che, per i tipi di Solfanelli Editore, ha dato alle stampe un monumentale volume intitolato Giovanni Gentile. Al di là di destra e sinistra (38 euro) nel quale l’autore analizza un periodo particolare della vita sociale e politica del filosofo siciliano (era nato a Castelvetrano nel 1875), quello legato alla sua attività di consigliere comunale di Roma e quindi di amministratore pubblico al servizio dei cittadini offrendo un quadro inedito del filosofo alle prese con questioni di politica amministrativa – diciamo così – spicciola: dall’organizzazione di una conferenza alla gestione dei musei capitolini, dalla sostituzione del personale negli uffici fino alla pulizia dei parchi. Il libro sarà presentato oggi, alle 18, nelle Sale Apollinee della Fenice, con un dibattito al quale parteciperanno oltre all’autore, Luigi Brugnaro, sindaco di Venezia; il prefetto Carlo Boffi; e gli interventi di Gaetano Quagliariello, professore di Storia dei partiti politici alla Luiss di Roma; Paola Mar, assessore al Turismo del Comune di Venezia e Davide Spanio, ricercatore di Ca’ Foscari. Moderatore Roberto Papetti, direttore del Gazzettino. Ingresso libero fino ad esaurimento posti.
PRESENTAZIONE
Il volume consente di conoscere Giovanni Gentile approfittando delle sue attività svolte in campo amministrativo e politico, in una fase delicata della storia d’Italia dove, accanto al pensiero filosofico, si mescolano e si compenetrano argomenti di più stretta attualità che vedono il filosofo impegnato nella soluzione dei problemi della quotidianità e dei cittadini. E in questo senso ci si propone di disegnare una figura di intellettuale che, come disse lui stesso, si definiva più socialista di Lenin, più liberale di Wilson».
Paolo Navarro Dina
Giovanni Gentile è ancora un filosofo che fa discutere. Divide più che unire anche se, recenti studi a lui dedicati hanno cercato di mettere in luce aspetti – diciamo così – liberali sia pure venati di nazionalismo, che in qualche modo puntano ad una rivisitazione del pensiero del filosofo, protagonista del primo Novecento. Una figura senz’altro controversa che da un lato sceglie di aderire al fascismo (diventerà ministro della Pubblica istruzione dal 1922 al 1924 quando si dimise dopo il delitto Matteotti) dall’altra dice no alle Leggi Razziali del 1938, ma che poi sposa fino in fondo il fascismo repubblicano aderendo alla Repubblica sociale finendo per essere assassinato dai partigiani nell’aprile del 1944. E se, da un lato l’influenza intellettuale di Gentile è, ed è stata ampia soprattutto nella prima parte del Ventesimo secolo (si veda il suo lavoro sull’Enciclopedia Treccani), non vi è dubbio che Gentile sia diventato scomodo, addirittura contestato. Insomma, in una parola dimenticato. E non vi è dubbio che il suo pensiero definito dell’«attualismo» non solo abbia condizionato la cultura italiana, ma sia stato anche molto studiato senza soggezione rispetto a tanti altri filosofi del XX secolo.
LIBRO
Ora agli studi di settore si aggiunge un nuovo tassello grazie al lavoro di Vito De Luca che, per i tipi di Solfanelli Editore, ha dato alle stampe un monumentale volume intitolato Giovanni Gentile. Al di là di destra e sinistra (38 euro) nel quale l’autore analizza un periodo particolare della vita sociale e politica del filosofo siciliano (era nato a Castelvetrano nel 1875), quello legato alla sua attività di consigliere comunale di Roma e quindi di amministratore pubblico al servizio dei cittadini offrendo un quadro inedito del filosofo alle prese con questioni di politica amministrativa – diciamo così – spicciola: dall’organizzazione di una conferenza alla gestione dei musei capitolini, dalla sostituzione del personale negli uffici fino alla pulizia dei parchi. Il libro sarà presentato oggi, alle 18, nelle Sale Apollinee della Fenice, con un dibattito al quale parteciperanno oltre all’autore, Luigi Brugnaro, sindaco di Venezia; il prefetto Carlo Boffi; e gli interventi di Gaetano Quagliariello, professore di Storia dei partiti politici alla Luiss di Roma; Paola Mar, assessore al Turismo del Comune di Venezia e Davide Spanio, ricercatore di Ca’ Foscari. Moderatore Roberto Papetti, direttore del Gazzettino. Ingresso libero fino ad esaurimento posti.
PRESENTAZIONE
Il volume consente di conoscere Giovanni Gentile approfittando delle sue attività svolte in campo amministrativo e politico, in una fase delicata della storia d’Italia dove, accanto al pensiero filosofico, si mescolano e si compenetrano argomenti di più stretta attualità che vedono il filosofo impegnato nella soluzione dei problemi della quotidianità e dei cittadini. E in questo senso ci si propone di disegnare una figura di intellettuale che, come disse lui stesso, si definiva più socialista di Lenin, più liberale di Wilson».
Paolo Navarro Dina
Il Gazzettino – 06/10/2017 pg. 17 ed. Pordenone