Francis Fukuyama si è fermato a Kiev

DISSPACCIO  #1 
Angela Merkel deve salire in cattedra. L’Europa che voleva la pace si è affidata a Emmanuel Macron (fonti NATO ce lo avevano confermato) finché è stato possibile cercare una mediazione. Poi la guerra è scoppiata, Vladimir Putin ha scatenato in Ucraina la sua “Desert Storm”, su  Mosca è calata la scure delle sanzioni, Olaf Scholz, successore della “Cancelliera”, ha annunciato il riarmo, Bruno Le Maire, superministro di Emmanuel Macron, ha dichiarato l’esplicita volontà di far crollare l’economia di Mosca. Nord Stream 2 appare congelato forse definitivamente, il “sovranismo europeo” rimandato, l’era della Cancelliera appariva cancellata.
Telefonare Angela Merkel 
Matteo Renzi ha individuato l’unica personalità davvero in grado di fermare la guerra con un incarico da “inviato speciale”: Angela Merkel.  E’ proprio lei, oggi, l’ingranaggio che inceppa il sistema delle relazioni internazionali. Non è un caso che la proposta venga dal leader di Italia Viva, che dopo l’operazione per far cadere il governo Conte II, sognava un posto da Segretario della Nato, salvo poi rimanere al palo.  Quello che sta accadendo in Ucraina è strettamente collegato alla sua uscita di scena dalla vita politica tedesca. Qualora si aprisse questo scenario, la Germania firmerebbe la “guerra” con la decisione di Olaf Scholz e conquisterebbe la “pace” con Angela Merkel. Dove sono coloro che fino a ieri la chiamavano “Regina d’Europa”?
E in quest’ottica, il fatto che il nome della Merkel sia invocato come principale ponte diplomatico e negoziale ci conferma quanto nelle relazioni internazionali odierne conti il fattore umano. Né Joè Biden né Olaf Scholz, né Emmanuel Macron ne menchemeno Mario Draghi possono sussurrare a Putin dopo il suo suicido strategico. Che nessuna vittoria tattica potrà cancellare. Con buona pace dei soloni odierni della geopolitica, i “pistoleri” per i quali potenza economica e capacità di esser sistema-Paese non contano, la Merkel ha costruito un impero geoeconomico nel cuore d’Europa che ora sente minacciato dalla guerra russo-ucraina. Per volontà del suo ex partner in affari, Vladimir Putin, e per pusillanimità di molti leader europei. Solo Angela Merkel può mediare in nome dell’Europa, prima ancora dell’Occidente. Solo Angela Merkel ci pare la figura adatta per rompere il circolo vizioso che Putin ha creato seguendo il partito della guerra (Piccole Note) che a detta di molti, come Antonio Fallico, stava frenando nelle settimane precedenti.
Il romanzo della rivoluzione
Non c’è giustificazione strategica per la mossa russa: per tutti coloro che erano favorevoli a una distensione dell’ordine internazionale, financo al multipolarismo, l’invasione russa dell’Ucraina è stata l’equivalente dell’Iraq del 2003 per il progetto unipolare. Lo hanno capito le uniche due istituzioni depositarie delle chiavi culturali per connettere culture millenarie, visioni della storia e incontri di civiltà: la Santa Sede e il Partito Comunista Cinese.  Pietro Parolin ha parlato, per conto di Papa Francesco, mostrando preoccupazione e sgomento, ma il Vaticano non ha imbracciato le armi della critica contro la Russia. La Cina attende, rifiutando la narrativa che la vorrebbe pronta al colpo gobbo su Taiwan. Lo hanno capito, nel mondo occidentale, coloro che da tempo temevano che spingere fino in fondo la contrapposizione con la Russia sarebbe stato potenzialmente rovinoso per l’ordine globale: John Mearsheimer e Henry Kissinger, per fare alcuni esempi.
La nascita di un nuovo eccezionalismo
La tendenza del pensiero e del mondo russo verso il nichilismo descritta da Berdjaev ora si configura in modo diverso: il nichilismo non corrisponde più alla vittoria del polo opposto, ma al fallimento dell’unico polo esistente. Il nulla non è più il risultato della realizzazione del polo opposto, ma è il necessario orizzonte dell’unico polo rimasto (il nulla in senso rigoroso non può essere definito come un secondo polo o un’alternativa). Questo unico polo sembra includere in sé tutte le opposizioni precedenti.
L’ipotesi di Kissinger era che “troppo  spesso la questione ucraina viene presentata come una resa dei conti: se l’Ucraina si unisce all’Est o all’Ovest. Ma se l’Ucraina vuole sopravvivere e prosperare, non deve essere l’avamposto di nessuna delle due parti contro l’altra: dovrebbe fungere da ponte tra di loro”. Questa è anche lavisione dell’ambasciatore Sergio Romano, massima voce di buon senso nel panorama italico.
Tolstoj alla guerra
È la sconfitta di Eric Hobsbawm e Francis Fukuyama e la vittoria di Giovanni Arrighi: il “lungo XX secolo” trionfa sul “Secolo breve”. La “fine della Storia” è un lontano ricordo, nelle macerie dell’Europa che vede una delle sue capitali, Kiev, assediata, bombardata, incendiata si staglia la figura di Angela Merkel. Nuovamente chiamata a giocare il ruolo di ultimo leader del “mondo libero”, o meglio ancora di ultima erede della grande tradizione bismarckiana della politica tedesca, che ricorda come sia la rottura definitiva tra Berlino e Mosca a preludere ai grandi incendi della storia d’Europa.
L’apocalisse in terra
Del resto, le sanzioni ad ora hanno avuto una valenza ben più politica che economica: non colpiscono, come ci ricorda Adam Tooze, l’energia e (scrive Il Foglio), più ancora del gas è il petrolio che dobbiamo tenere sott’occhio: l’export di greggio pesa il doppio di quello di gas in base ai dati forniti dalla banca centrale russa sulla bilancia dei pagamenti del 2021 e circa il 60 per cento delle vendite all’estero riguardano l’Unione europea. Ma sinora Biden e gli altri leader si sono guardati bene dallo scatenare una guerra economica totale.
E così, mentre in Italia si preferisce fare la guerra a Dostoevskij. Altrove la storia è in movimento, marcia e si muove. Truppe russe e ucraine, nel frattempo, pattugliano congiuntamente Chernobyl. Anche nell’inferno della guerra la speranza vive. Aspettando l’era dei pontieri e della diplomazia. La storia cammina. E noi ve la racconteremo, giorno dopo giorno.
ENTRA NEL CLUB DEI 500, UNA CELLULA NELLA CELLULA
Non solo Ucraina. Nelle prossime settimane vi porteremo al cuore della più importante lotta in corso nel capitalismo italiano, sia sul versante pubblico che su quello privato. Una sfida di sistema in cui c’è in gioco il futuro dell’Italia come economia moderna. Restate sintonizzati.

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Nell’etere, e oltre.
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Un’ultima questione. Abbiamo raccolto e tradotto per voi le dichiarazioni dei principali pensatori strategici e decisori politico-istituzionali statunitensi, da Henry Kissinger a John Mearsheimer, che per anni ci hanno avvertiti che [la guerra] sarebbe arrivata se avessimo proseguito su questa strada. 
Il primo è George Kennan, il più grande stratega di politica estera della storia americana, l’architetto della strategia statunitense nella Guerra Fredda. Già nel 1998 avvertiva che l’espansione della NATO era “un tragico errore” che avrebbe infine provocato “una brutta reazione da parte della Russia”.

 

C’è poi Kissinger, nel 2014. Avvertiva che “per la Russia, l’Ucraina non potrà mai essere soltanto un Paese straniero”, e che pertanto all’Occidente serve una politica orientata alla “riconciliazione”. Era inoltre inflessibile sul fatto che “l’Ucraina non dovrebbe entrare nella NATO”

 

Questo è John Mearsheimer — probabilmente il principale studioso di geopolitica negli Stati Uniti odierni — nel 2015: “L’Occidente sta facendo fare la primula all’Ucraina, e il risultato ultimo è che l’Ucraina finirà per prenderle. Di fatto stiamo incoraggiando quell’esito”

 

Qui John F. Matlock Jr., ambasciatore degli Stati Uniti in Unione Sovietica tra il 1987 e il 1991, avverte nel 1997 che “l’espansione della NATO è un profondissimo errore strategico, il quale sta incoraggiando una catena di eventi che potrebbe produrre la più seria minaccia alla sicurezza dal collasso dell’Unione Sovietica”

 

Questo è il Segretario alla Difesa di Bill Clinton, William Perry, che nelle sue memorie spiega che per lui l’allargamento della NATO è la causa dello strappo nelle relazioni con la Russia, e che nel 1996 vi era così contrario che “prese in considerazione le dimissioni, tanto forte era la [sua] convinzione”.

 

Questo è il famoso giornalista russo-americano Vladimir Poznev, nel 2018, che afferma che l’espansione della NATO in Ucraina è inaccettabile per i russi e che dev’esserci un compromesso in cui “si garantisca che l’Ucraina non diventerà mai un membro della NATO”

 

Più di recente, poco prima che scoppiasse la guerra, il noto economista Jeffrey Sachs scriveva sul Financial Times che “l’allargamento della NATO è del tutto miope e rischioso. I veri amici dell’Ucraina, e della pace globale, dovrebbero chiedere a gran voce un compromesso tra gli Stati Uniti e la NATO e la Russia”

 

Il direttore della CIA Bill Burns nel 2008: “l’ingresso dell’Ucraina nella NATO è la più evidente linea rossa [per la Russia]” e “devo ancora trovare qualcuno che veda l’Ucraina nella NATO come qualcosa di diverso da una sfida diretta agli interessi della Russia”

 

L’ex Segretario alla Difesa statunitense Bob Gates nelle sue memorie, 2015: “passare ad espandere [la NATO] così rapidamente è stato uno sbaglio. Provare a portare la Georgia è l’Ucraina nella NATO è stato un’esagerazione, e soprattutto una monumentale provocazione”

 

Sir Rodric Lyne, ex ambasciatore britannico in Russia, avvisava un anno fa che “spingere l’Ucraina nella NATO è stupido ad ogni livello” e che “se si vuole iniziare una guerra con la Russia, questo è il miglior modo per farlo” 

 

Qui Pat Buchanan, nel suo libro del 1999 A Republic, Not An Empire: “spostando la NATO nel cortile della Russia, abbiamo messo in programma per il 21mo secolo uno scontro” 

 

Qui il giornalista britannico Tim Marshall nel suo libro Prisoners of Geography [edito in Italia da Garzanti sotto il titolo Le 10 mappe che spiegano il mondo, ndr]: per la Russia “un’Ucraina filo-ccidentale con l’ambizione di unirsi alla NATO o alla UE non è sostenibile” e “potrebbe scatenare una guerra”.