Francesco agli artisti «Ci spiegate il bello»

 

di Ida Bozzi

La replica del Pontefice e le reazioni: noi tanti e invisibili, ora ripartiamo

Ieri Papa Francesco ha risposto alla lettera scritta da Sandro Veronesi e pubblicata dal «Corriere della Sera» il 29 aprile, firmata insieme a un nutrito gruppo di artisti, registi, attori e sceneggiatori. Lo ha fatto durante la messa mattutina a Santa Marta, citando il messaggio di Veronesi: «Ieri ho ricevuto una lettera di un gruppo di artisti: ringraziavano per la preghiera che noi abbiamo fatto per loro. Vorrei chiedere al Signore che li benedica perché gli artisti ci fanno capire cosa è la bellezza, e senza il bello il Vangelo non si può capire».

Un invito a riflettere sul senso più profondo della bellezza, di cui i firmatari del messaggio ringraziano ancora il Papa, tornando a ricordare i motivi che li hanno spinti a dar voce all’emergenza in cui versa tutto il mondo della cultura, con i teatri chiusi, i cinema e le produzioni bloccate, le mostre rimandate. Perché il fermo non colpisce solo chi è visibile nel mondo dell’arte, ma migliaia di lavoratori, comparti interi, che dietro le quinte rendono possibile la creazione e la fruizione delle arti.

«Il mondo dell’arte — illustra l’artista Mimmo Paladino, tra i firmatari della lettera e autore dell’opera offerta in dono al Papa — è legato a tutto un mondo di artigiani, fonderie, stampatori su carta, incisori e xilografi, falegnami, corniciai, e poi gli artigiani della metallurgia, i piccolissimi editori che stampano i libri d’artista e che da tempo già sopravvivevano a stento: insomma una grande tradizione italiana di artigiani indispensabili per gli artisti, che ora soffre». Grande è la disponibilità di questo mondo a offrire idee per attraversare la crisi.

Ricorda Paladino: «Le proposte possono essere tante. Ho letto di recente che durante la crisi del ’29 negli Stati Uniti il governo pensò di dare spazio all’arte invitando i Pollock, i Rothko a realizzare grandi opere — e poi si è ritrovato con un patrimonio straordinario, acquisito peraltro a prezzo politico. Mi aspetto una forma di riflessione sul senso profondo della bellezza, e non soltanto sulle “cifre”: Papa Francesco ha assunto un ruolo e un compito fondamentale, ha colto che la bellezza non è solo qualcosa che decori il mondo, ma è un elemento essenziale». Una voce cui si è aggiunta quella del presidente del Pontificio Consiglio per la cultura, il cardinale Gianfanco Ravasi: «La creatività è un viatico per la speranza e la fiducia nel futuro».

Anche il regista e sceneggiatore Giovanni Veronesi (fratello dello scrittore Sandro) ragiona sull’urgenza degli interventi: «Credo che la priorità sia un fondo per le maestranze che non hanno lavorato in questi mesi né lavoreranno nei prossimi, un sostegno a fondo perduto. E occorre un incentivo forte perché il mondo dello spettacolo possa riprendere quest’estate. Sento parlare dell’autunno, ma se aspettiamo Natale tante produzioni falliranno». Al momento, il regista ha una data per riprendere a lavorare al suo film, I moschettieri. L’ultima missione: «È il 3 agosto, un paio di mesi prima cominceremo la preparazione. Spero tanto di poterlo fare».

Suggerisce un concerto di idee, Veronesi: «Il cinema si potrebbe vedere ovunque all’aperto, ad esempio, se aiutati dalle giunte e dai Comuni; si potrebbe pensare non solo alle arene estive, ma — è un esempio — alle spiagge, che offrirebbero tanti posti all’aperto e con il giusto distanziamento. Basta mettersi lì a pensare: e se ci domandassero un parere sarebbe meglio, il mondo dello spettacolo è a disposizione. Potrebbe venirne fuori una bellissima estate di cinema e spettacolo italiano». Conclude il regista, ringraziando il Pontefice: «Pregare per gli artisti è stato una specie di hashtag, affinché gli artisti non vengano dimenticati e non vengano fatti scomparire: il Papa è un ganzo!».

Lo ribadisce anche un altro firmatario della lettera al Papa, l’attore e regista Sergio Rubini, che ringrazia Papa Francesco per aver innescato la riflessione. «Con l’ultimo decreto del governo — inizia Rubini — noi artisti eravamo rimasti un po’ delusi, e non perché “vogliamo riaprire”: ci aveva sorpreso non essere citati perché i teatri e i cinema sono proprio i luoghi della socialità. Si deve puntare secondo me a risolvere il problema, non solo per chi è visibile, ma per un esercito di gente invisibile, che rischia di perdere il lavoro. Tutti abbiamo sentito il desiderio di scrivere una lettera di ringraziamento: ieri Francesco ci ha risposto con una nuova preghiera, e questo ci dice che questo è un Papa molto particolare (e infatti molto “attaccato”, nel mondo), e non è un caso se si è creata questa sinergia. Sono felice che il Pontefice si sia ricordato di noi».

Ieri il ministro per i Beni e le attività culturali e per il Turismo Dario Franceschini, durante l’informativa alla Camera, ha illustrato le iniziative allo studio: «Con Cassa Depositi e Prestiti — ha affermato — stiamo lavorando su due fondi strategici, uno per la cultura e uno per il turismo, partendo da risorse pubbliche ma per raccogliere investimenti privati che consentano di intervenire anche a difesa delle nostre aziende». E ha aggiunto: «Stiamo lavorando per una sorta di Netflix della cultura italiana che consenta di offrire online ciò che magari per qualche mese non si può offrire dentro le sale o dentro i teatri a pagamento».

Ma un mezzo potente già lo abbiamo, suggerisce Rubini: «In streaming non si può fare teatro. Ma quanto a un “Netflix” per lo spettacolo italiano, uno strumento del genere ce l’abbiamo già ed è la Rai Tv, la televisione di Stato, ed è uno strumento importantissimo! Dobbiamo tenere tanti ragazzi a casa, ed è giusto: dategli non soltanto un canale, ma tutta una televisione migliore». Al di là di questo, conclude Rubini, «la mia preoccupazione è che il principale obiettivo sia di debellare il virus, non conviverci, quello dev’essere l’obiettivo mondiale, e che si possa tornare alla normalità, in un mondo in cui sia possibile tornare a teatro. E poi ve l’immaginate? Dietro alla macchina da presa l’inferno, con le mascherine e tutto quanto, e davanti alla macchina da presa “qualcosa” che sembra la normalità? Considero questo un interregno, il cinema e il teatro sono avventure da condividere».

Tra i firmatari interviene anche il regista Gabriele Salvatores, sull’importanza dell’arte e della cultura «riscoperta» proprio nell’emergenza: «Qualsiasi governo che ci ha governato ha sempre tagliato tre cose: ricerca e sanità, cultura e scuola. Il virus è come un pettine che sta evidenziando tutti i nodi che c’erano. Queste tre cose si sono legate in questi giorni e sono interdipendenti: che cosa si è potuto fare durante il lockdown se non leggere un libro o vedere un film? Ed ecco che il Papa ce lo ricorda, l’arte nutre l’anima».

Quanto al cinema e al teatro in tempi di coronavirus, Salvatores, che sta realizzando con Rai Cinema e con Indiana Productions il docu-film Viaggio in Italia, realizzato con i video girati dagli italiani, continua: «La Rai potrebbe non solo riportare il grande teatro in tv, ma pensare anche a realizzare produzioni teatrali. Stiamo tutti cercando di elaborare protocolli che consentano di tornare a lavorare, in luoghi sanificati, con il distanziamento. Dobbiamo sforzarci di trovare idee, e non è semplice, la fantasia ha bisogno di nutrirsi di realtà, lo scrittore ha bisogno di camminare, diceva Nietzsche. Sapete come si chiama la paga delle maestranze? Diaria, e questo già ne dice la precarietà. Credo che si stia facendo quel che si può, e lo dico io che pure sono spesso stato critico con il mondo politico. Una cosa però è importante: sburocratizzare. E far arrivare i fondi nelle tasche di chi ne ha davvero bisogno».

 

www.corriere.it