Fortezza: i nodi vengono al pettine

di Pierluigi Piccini

Proviamo ad uscire dal singolo episodio, quello intorno all’uso della Fortezza nel periodo estivo. Una vicenda non bellissima, nella quale è difficile esprimere giudizi. Ci sono le parti, prime far tutte gli assegnatari e il Comune, quindi non spettava a noi verificare se gli accordi presi venivano rispettati oppure disattesi, ma all’ente pubblico. Comunque la questione è venuta a galla tramite una interrogazione fatta da un consigliere di maggioranza, e da una risposta di un assessore al suo primo Consiglio comunale, visto che ha appena sostituito il precedente responsabile al commercio, Alberto Tirelli. 

Da quello che è possibile sapere, e da quello che abbiamo letto, ci sono degli operatori dello stesso settore che denunciano il fatto di avere avuto un danno economico da una parte; dall’altra c’è un imprenditore che dichiara di aver adempiuto attività che hanno rivitalizzato la Fortezza a tutto vantaggio della città. Già nel passato avevo scritto per altre iniziative (street-food, vari mercatini) sempre nella zona, della Lizza che la redditività prodotta prendeva strade diverse da quelle cittadine. Gli operatori –  quasi tutti, se non tutti – non erano senesi, per questo il tessuto imprenditoriale cittadino subiva un doppio danno da una singola manifestazione. La stessa cosa si potrebbe dire per le proposte natalizie. È vero che chi spende non è totalmente senese, ma se il denaro restasse a Siena sarebbe meglio. Quindi stiamo discutendo di una situazione in cui operatori dello stesso settore dibattono su quanta fetta della torta spetta loro, con un inciso: la torta è sempre più piccola, quindi si riduce il valore marginale, responsabile della chiusura di molte attività. Certo, il problema è generalizzato a livello Paese, ma non è stato dappertutto così. Ci sono economie cittadine che sono riuscite a mettere in campo strategie economiche anticrisi, con risultati interessanti: ci sono persino esempi virtuosi, e non molto distanti da noi. Siena sta scontando l’assenza di una visione complessiva dello sviluppo economico, di una strategia che non disarticoli, come è avvenuto, i singoli comparti, ma li leghi uno con l’altro. 

Il comportamento tenuto dall’Amministrazione durante la pandemia è emblematico: con il surplus economico proveniente dallo Stato, sono stati fatti interventi a pioggia, non mirati, che hanno inciso sul piano dell’equità determinando specifiche diseguaglianze. Sarebbe stato utile un maggiore impegno, ad esempio sul microcredito per far fronte ai soggetti più deboli. Si è solo pensato a creare un fondo di garanzia senese, morto prima ancora di nascere. Si è dato mano libera ai singoli comparti senza una direzione e ciò ha creato conflitti, come quello che stiamo vivendo per la gestione della Fortezza. Tante domande, senza nessuna risposta. Il commercio non può fare a meno del turismo: si, ma quale turismo? Il turismo ha bisogno della cultura, si ma quale? La cultura ha bisogno della qualità del vivere, si ma quale? La qualità del vivere ha bisogno del territorio, si ma quale? E via discorrendo. Insomma, ci sarebbe stato bisogno di una strategia, di un rapporto corretto con le altre istituzioni con gli organi intermedi e i cittadini (ad esempio, attraverso il Piano operativo), cosa che non è avvenuta.  Lo dimostra la gestione del Pnrr: l’Università va per conto proprio mentre il Comune, da solo, sta cercando progetti nel cassetto, senza che ci sia stato – a quanto è dato conoscere – un coinvolgimento della società per l’individuazione delle priorità. Senza una strategia complessiva la torta si restringe e i conflitti aumentano. Soltanto un piano di crescita equo può rompere le rendite di posizione responsabili, quest’ultime, dell’impossibilità di costruire un futuro “diverso” per la città.