Uno scivolone, un indizio e un’ammissione di colpa. Le parole di Maria Elena Boschi e Matteo Renzi aiutano a capire come si evolverà il pasticcio della norma salva Berlusconi. Quella che salva chi evade o froda il fisco sotto il 3 per cento del reddito imponibile (o dell’Iva) dichiarato – che avrebbe potuto ridare l’agibilità politica all’ex Cavaliere – e del decreto fiscale modificato in extremis da Palazzo Chigi e approvato alla vigilia di Natale. Testo bloccato e congelato fino al 20 febbraio. LO SCIVOLONE. “Non è una norma pensata per salvare l’ex Cavaliere, ma riguarda 60 milioni di italiani” spiega domenica il ministro per le Riforme in tv: “Non credo che possiamo fare o non fare una norma perché c’entra o meno Berlusconi. Così si resta fermi agli ultimi 20 anni”. Aggiungendo: “In Francia hanno una norma uguale, con una soglia più alta, non del 3 per cento ma del 10 di non punibilità”. I tecnici al Tesoro si sono messi le mani nei capelli. In Francia la “soglia parametrata” per il reato di frode fiscale ha una doppio limite: il 10 per cento, e uno molto più basso, 153 euro, sopra i quali si configura il reato e si rischia una condanna a 5 anni di carcere e una multa fino a 500 mila euro, che salgono a 2 milioni se il frodatore ha sede all’estero, o falsifica il domicilio fiscale. Su un milione di euro, non si possono frodare 100mila euro ma solo 153, mentre in Italia – stando al testo approvato – fino a 30mila. Non solo: in Francia per chi froda l’Iva non esistono soglie di non punibilità – così come per le frodi documentali (salvate sotto il 3 per cento dal governo italiano o se le fatture false non superano i 1000 euro) – e lo stesso reato di frode è inteso in modo molto ampio, visto che punisce anche la sola “intenzionalità” e comprende “l’omessa dichiarazione dei redditi” (reclusione da sei mesi a tre anni). RENZI HA SPIEGATO ai suoi ministri che “la soluzione finale sarà molto vicina ai francesi e non riguarderà Berlusconi”. Nel senso che dovrebbe essere esclusa dal provvedimento ogni tolleranza per la frode fiscale. Se rientrasse nel 3 per cento, l’Italia sarebbe l’unico Paese – tra le economie più sviluppate – ad avere una soglia così alta. In Germania l’evasione è punita fino a cinque anni o con una sanzione (in casi molto gravi la pena può salire fino a 10 anni) e sopra i 100 mila euro scatta la pena detentiva, che oltre il milione di euro supera i due anni. In Inghilterra, sopra le 20mila sterline si finisce a giudizio, con pene molto severe, mentre in Spagna la soglia è più alta. In tutti i casi, non esistono percentuali. Lo stesso decreto del governo ha triplicato a 150mila euro le soglie minime, sotto le quali chi evade non rischia il carcere. Una misura che dovrebbe rimanere. Questo schema è confermato dal Tesoro, dove l’ipotesi sul tavolo è la sola esclusione delle dichiarazioni fraudolente. Quindi la nuova versione del decreto non dovrebbe riguardare Silvio Berlusconi, condannato a 4 anni di reclusione per aver frodato il Fisco: se l’ex Cavaliere vorrà cercare di cancellare gli effetti della legge Severino che lo rendono incandidabile, dovrà tentare la strada del Parlamento. Il decreto come uscito dal Consiglio dei ministri è stato comunque percepito come un segnale di non belligeranza del premier in vista della partita del Quirinale (sappiamo com’è finita, Berlusconi non ha votato Sergio Mattarella ma neppure lo ha delegittimato lasciando l’Aula). Resterà invece la franchigia del 3 per cento per il reato di evasione fiscale e già questo, sostiene l’ex ministro Vincenzo Visco, è un gigantesco regalo ai grandi evasori: si riparte dall’ipotesi studiata e poi scartata (preoccupava l’Agenzia delle Entrate) dalla commissione tecnica che ha redatto il primo testo (quello poi modificato da Palazzo Chigi), presieduta dal presidente emerito della Consulta Franco Gallo. Nelle scorse settimane, il gruppo ha consegnato al ministro Pier Carlo Padoan il parere sulle modifiche apportate dal governo: il giudizio è negativo su tutto, compresa la norma “salva banche” che preoccupa il pool dei reati finanziari della Procura di Milano, quella che aiuta gli istituti che hanno evaso il fisco con operazioni di finanza strutturata, come i derivati, purché messe a bilancio (se ne avvantaggerebbero Unicredit e Banca Intesa). Altro aspetto critico che verrà confermato: non dovrebbe essere inserito un tetto massimo alla soglia del 3 per cento, per evitare di premiare chi ha redditi più elevati, e quindi può evadere di più. “Tolta la frode, che è ingiustificabile, sarebbe comunque auspicabile un limite massimo”, spiega il Sottosegretario al Tesoro Enrico Zanetti (Sc). “Per i grandi evasori – se la soglia verrà confermata il raddoppio delle sanzioni”, ragiona in questi giorni il premier. Ma queste sanzioni maggiorate erano già previste e valgono per tutti, che il reddito sia di 10 milioni o di un miliardo di euro. La norma peraltro parla del reddito imponibile “dichiarato”: prima si evade per ridurre l’imponibile e poi, su quello, si pagano meno tasse del dovuto. L’altra ipotesi che gira in queste ore è che nel decreto resti anche una franchigia per la frode ma vengano messi a punto dei meccanismi per accertare che non “sia dolosa”. Una frode “di sopravvivenza”, che dovrebbe escludere comunque l’ex Cavaliere ma difficile da accertare nei controlli. IL GETTITO. Secondo l’ex ministro del Tesoro Giulio Tremonti, le sanzioni penali per l’evasione la disincentivavano. Il governo Renzi sembra andare in direzione opposta. E questo potrebbe irritare anche i tecnici della Commissione europea che non si fidano dei conti presentati dall’Italia e, temendo che le coperture dovute alla lotta all’evasione si rivelino ancora più esili del previsto, a marzo potrebbero chiedere nuovi sforzi all’esecutivo.