A 121 anni dalla nascita di De Filippo riapre il “suo” San Ferdinando Per celebrarlo, due libri in uscita con Repubblica a Napoli e i ricordi sul palco delle attrici che hanno cominciato con lui
di Ottavio Ragone e Conchita Sannino
NAPOLI
Eduardo è tornato. Anzi no, quella “dimora” non l’ha mai lasciata, ma è come se dopo la paralisi da lockdown in una mattina napoletana di sole e vento leggero, fosse tornato a spalancare sul futuro le porte del suo teatro: quel San Ferdinando che De Filippo volle ricostruire con perizia artigiana dopo la guerra, pietra su pietra, trave su trave, con lo stesso amore profondo e severo che metteva nella sua arte e con cui volle acquistare quel rudere di sala e trasformarlo nel palcoscenico-testamento immerso nel cuore della Napoli popolare.
Dove, proprio ieri, arrivano ad applaudirlo le sue ex ragazze principianti diventate grandi interpreti, o gli scrittori e i produttori di oggi, ché da lui non si può prescindere, perché «Eduardo è una chiave di accesso alla cultura del sud. Il suo è un teatro di respiro europeo, è un drammaturgo che con la vita in scena vince anche su Pirandello» come dice Roberto Andò, regista e scrittore, oltre che vertice dello Stabile nazionale Mercadante, cui ora appartiene la struttura donata da Luca alla città. Centoventun anni, dopodomani, dalla nascita di Eduardo: e Repubblica, in una giornata che vede sfilare al San Ferdinando nomi importanti della scena nazionale, ne celebra l’eredità culturale, oltre al suo sguardo profetico e all’impegno civile verso i giovani: lo fa con Effetto Eduardo, una pubblicazione divisa in due volumi firmata dal critico teatrale delle pagine di Napoli Giulio Baffi, che fu direttore di quel teatro accanto al maestro. «Il suo patrimonio e la sua fantasia sono pervasi di modernità e da senso di inclusione – sottolinea il direttore di Repubblica Maurizio Molinari – Eduardo è l’emblema di un pensiero mediterraneo, nella città più aperta d’Italia».
E poi eccole sul palco, le attrici che debuttarono grazie a un suo “sì”: Anna Maria Ackermann, Isa Danieli, Angela Luce, Angela Pagano, Lina Sastri, leonesse dai tempi perfetti e dalla battuta fulminante che il tempo non riesce a graffiare. Ackermann: «Mi presentai con un bigliettino, ero studentella del Vomero: mi disse “Picceré nun tengo tempo da perdere”. Ma addirittura dopo due anni riprese quell’appunto, mi fece chiamare». E Luce: «Avevo la quinta elementare, lui è stato la mia università. Ma mi sentì pronunciare García Lorca, mentre provinava 15 ragazze. A me disse: “Siete scritturata”». Sastri: «Aveva sensibilità e rigore, era profondo, un gigante vero». E poi Carolina Rosi, che dopo la prematura perdita di Luca De Filippo, suo marito, porta avanti con passione e tenacia la Elledieffe, la Compagnia dei De Filippo, con Gianfelice Imparato, lo straordinario collega che il figlio di Eduardo scelse come suo successore.
«Ora il ministro aiuti il teatro privato o morirà. È un momento duro, la collettività si svegli e lotti perché il teatro resti vivo». Fa sorridere Imparato: «Fui assunto in compagnia da Eduardo pochi giorni prima del terremoto dell’80. Pensavamo che il “direttore” avrebbe rinviato partenza e prove, macchè: poi al tavolo, mentre si discuteva dell’epicentro in Irpinia, lui sentenziò: “È stato il Vesuvio”. Forse una vocina disse ancora: Irpinia. Ma lui: è stato il Vesuvio. E fummo tutti d’accordo».
Fioccano tanti episodi, divertenti e commoventi insieme. C’è suo nipote Tommaso, figlio di Luca, che oggi è presidente della Fondazione De Filippo e ha voluto sostenere progetto e pubblicazione.
Ma si parla di futuro e dei tanti sguardi su Eduardo, con Maurizio De Giovanni. Una lunga stagione che continua, e che vede nuovi testimoni e interpreti: da Mario Martone a Edoardo De Angelis fino alla coppia di fuoriclasse che nel 2014, con una diretta tv memorabile, mise insieme la regia teatrale del venerato Toni Servillo ne Le voci di dentro con la regia televisiva per Raiuno del premio Oscar Sorrentino.
Eduardo resta, si salutano tutti così.