È iniziato lontano dalla Calabria il maxi-processo “Rinascita-Scott” nato da un’inchiesta della Dda di Catanzaro che ha chiesto il rinvio a giudizio per i 456 imputati tra mafiosi, politici e pezzi deviati delle istituzioni. Per problemi di spazio, infatti, la prima udienza preliminare si è tenuta ieri a Roma, nel carcere di Rebibbia. Lo scorso dicembre buona parte degli imputati erano finiti in manette: dai boss di Limbadi ai loro gregari. Ma anche ex parlamentari, ex consiglieri regionali, sindaci, carabinieri e professionisti al servizio dei clan. Persino avvocati massoni come l’ex parlamentare di Forza Italia Giancarlo Pittelli, definito “la cerniera tra i due mondi”. Per lui, che ha scelto il rito immediato, il processo inizierà a novembre ma con ogni probabilità la sua posizione sarà riunita al troncone principale.
Come da prassi, l’udienza di ieri è stata dedicata alla costituzione delle parti, comprese quelle civili tra cui la Regione Calabria, e molti comuni del Vibonese. Ieri, inoltre, diversi avvocati hanno sollevato eccezioni riguardo il mancato rispetto delle norme sul distanziamento sociale. Alcuni legali sono andati via da Rebibbia poiché affetti da problematiche sanitarie personali.In aula bunker era presente non solo il pool della Dda ma anche il procuratore Nicola Gratteri secondo cui il processo “Rinascita” è “la pietra angolare nella conoscenza della ’ndrangheta e di questa nuova frontiera del crimine di matrice calabrese che si serve dei colletti bianchi per gestire il potere”.
“In questo processo – ha aggiunto Gratteri – c’è un’altissima percentuale di quella che convenzionalmente viene definita zona grigia, colletti bianchi. Professionisti, molti uomini dello Stato infedeli che hanno consentito anche a questa mafia di gente rozza, con la forza della violenza e con i soldi della droga, di essere oggi mani e piedi nella Pubblica amministrazione e nella gestione della cosa pubblica”.