E il premier annuncia: a Firenze il Museo della Lingua italiana

«È la sede migliore, Franceschini e il sindaco ne hanno parlato». Obiettivo inaugurarlo già nel 2021

Giulio Gori ,Mauro Bonciani

 

Sabato la telefonata tra il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini e il sindaco Dario Nardella, ieri l’annuncio a sorpresa del presidente del Consiglio Giuseppe Conte: Firenze sarà la sede del Museo della Lingua italiana. Un annuncio che ha strappato l’applauso a tutto il Salone de’ Cinquecento. Ora l’obiettivo è il taglio del nastro nel 2021, anno in cui, il 25 marzo, si celebrerà ufficialmente il primo Dantedì, la giornata dedicata a Dante appena istituita.

«Firenze è la sede migliore per un museo che celebri e insegni la storia dell’italiano che, come ogni lingua, è lo specchio della società che la parla e, al contempo, tesoro depositato dalle generazioni che, prima di noi, l’hanno parlata: essa è veramente un’eredità — ha detto il presidente del Consiglio nel suo intervento alla cerimonia d’apertura dell’anno accademico dell’Ateneo fiorentino — So che il ministro Franceschini ne ha parlato col sindaco Nardella, siamo convinti di questa scelta. Facciamo nostra l’istanza di un gruppo di studiosi che domandano da qualche tempo la creazione di un Museo della Lingua italiana: grande, ricco e tecnologico. Penso che la sede migliore sia proprio Firenze». Conte ha espresso poi l’auspicio che «la proposta trovi accoglienza presso tutte le istituzioni che possono sostenerla e che il settecentesimo genetliaco di questa Università, nata nel 1321, si saldi con la celebrazione della nostra lingua come bene comune. Sarà bello rivedersi qui per l’inaugurazione del museo sul tesoro della lingua italiana. La lingua è davvero un bene comune».

Finita la cerimonia il sindaco Nardella ha dato qualche dettaglio in più, tracciando anche l’identikit del luogo che ospiterà l’istituzione culturale: un edifico storico di pregio oggi non utilizzato, all’interno del centro storico. «Sabato ho parlato con il ministro Dario Franceschini, a proposito dell’istituzione del DanteDì e lui mi ha detto della decisione di fare a Firenze il museo: non ci poteva essere sede più appropriata — ha sottolineato Nardella — per un’istituzione che vuole parlare alle scuole, ai turisti internazionali, usare le tecnologie, essere interattivo. Siamo entusiasti ed entro un paio di settimane vi diremo dove pensiamo possa essere realizzato, ci sono due o tre ipotesi al vaglio. Sarà un edificio storico non utilizzato, ristrutturabile in tempi brevi, con un allestimento di livello». Sarà pronto per il 25 marzo 2021? «Sarebbe un sogno, ci proveremo. Mettendo in rete l’Accademia della Crusca, la Società Dantesca, l’Università, il grande potenziale di Firenze sulla lingua: non sarà una cattedrale nel deserto».

Per la sede si parla di Forte Belvedere, della ex Corte di Appello in piazza San Marco, della ex scuola sottufficiali dei Carabinieri in piazza Stazione ma anche della Fortezza e dell’ex Capitol in piazza del Grano. Palazzo Vecchio ieri non si sbilanciato, sottolineando solo la soddisfazione per aver «vinto» su Roma che alcuni avrebbero preferito come sede del museo.

Il modello è quello del Museo del Portoghese, nato in Brasile a San Paolo nel 2006 nella Estação da Luz (Stazione della Luce), una stazione ferroviaria del diciannovesimo secolo, un’iniziativa di grfande successo che però si è fermata nel 2015 quando un grande incendio ha distrutto il museo.

Nelle intenzioni non dovrà essere un museo per linguisti, anzi. «Al contrario. In un museo del genere non deve esserci solo l’esposizione di documenti ma anche contenuti multimediali, avvincenti, rivolti al grande pubblico — spiega Claudio Marazzini, presidente dell’Accademia della Crusca — La storia della lingua è la storia della nostra letteratura, da Dante, a Boccaccio, a Machiavelli, fino a Manzoni, ma anche la storia dei dialetti e delle lingue delle minoranze. Penso anche a contenuti audio, ai libretti d’opera, che interessano gli stranieri. Penso alla nostra cucina e al ricettario dell’Artusi, alla tecnologia, con i nostri nomi famosi nel mondo: perché non esporre la Vespa o l’Ape Piaggio. Noi della Crusca — conclude Marazzini — potremmo esporre lì la lettera con cui Voltaire ci ringraziava per averlo nominato accademico».

 

 

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