È Des Cars la rivoluzione del Louvre

Per la prima volta in 228 anni il presidente Macron indica una donna al vertice del maggior museo di Francia Finisce tra le polemiche il “regno” di Jean-Luc Martinez
dalla nostra corrispondente Anais Ginori
PARIGI
“Il mio cuore batteva forte”. Laurence des Cars ha raccontato così il momento in cui ha ricevuto la telefonata che le annunciava la nomina alla presidenza del Louvre. È la prima donna a guidare il museo parigino a vocazione universale, inaugurato nel lontano 1793. Critica d’arte, cinquantaquattro anni, le basterà attraversare la Senna: da quattro anni lavorava con passione, come testimoniano le sue prime dichiarazioni, alla guida del museo d’Orsay, sulla rive gauche. Il trasloco dal grande tempio, famoso per l’impressionismo, alla gigantesca collezione che spazia attraverso le epoche, non avverrà però subito, ma solo a settembre. Una lunga transizione — altro fatto inedito — dovuta alla feroce battaglia che ha preceduto la scelta della nuova presidente.
Da giorni non si parlava d’altro nella Parigi che conta, com’è normale quando a traballare è una delle poltrone più ambite del mondo culturale non solo francese. Il lungo regno al Louvre di Jean-Luc Martinez stava per finire, dicevano i ben informati descrivendo una trama di interessi che andava dai conservatori più scontenti della svolta pop fino a qualche passo falso nei rapporti strategici con le petro-monarchie, vedi il mancato arrivo del Salvator Mundi comprato dal principe saudita Mohammad Bin Salman nella grande mostra su Leonardo da Vinci organizzata nell’autunno 2019.
Eppure fino a qualche settimana fa il raffinato archeologo sembrava avere in pugno la riconferma dopo otto anni alla guida nel museo più grande del mondo. Martinez, 57 anni, capace di parlare ore delle tombe etrusche di Cerveteri ma anche di invitare Beyoncé e Jay-Z per girare un videoclip davanti alla Gioconda, poteva vantarsi di aver battuto ogni record di visitatori e consolidato l’incontrastata fama del Louvre. Il suo siluramento ha qualcosa di clamoroso ed è stato deciso da Emmanuel Macron mentre la ministra della Cultura, Roselyne Bachelot, propendeva per una scelta di continuità. A metà aprile, quando scadeva il mandato, la riconferma dell’attuale presidente a sorpresa non c’è stata. A cavallo di quel periodo, con tempismo forse sospetto, si sono moltiplicate le polemiche. La Fondazione Cy Twombly ha accusato il Louvre di non aver concordato il restauro della sala in cui è accolta The Ceiling , l’ultima grande opera dell’artista americano. Sempre ad aprile è stato diffuso il documentario sulla tv francese The Savior in Sale sulle trattative che hanno portato gli esperti delmuseo pariginoprima adautenticare il Salvator Mundi come di Leonardo poi a declassarlo come opera di bottega, aprendo così una crisi diplomatica con il regime saudita, un importante alleato della Francia in tutto lo scenario mediorientale. Prima ancora la Corte dei conti aveva ammonito il museo perché non era stato capace di far rispettare ad Abu Dhabi il contratto per la succursale inaugurata nel 2017. Il Louvre avrebbe dovuto ricevere diversi milioni per l’uso del suo marchio ma, lamentavano imagistrati, lesomme non sarebbero mai state reclamate da Martinez. Il direttore della Tribune de l’Art, Didier Rykner, fa da anni campagna contro l’attuale gestione. «È stata una presidenza semplicemente disastrosa» commenta Rykner che nei suoi articoli ha sollevato molti problemi, dal depotenziamento della curatela dei vari dipartimento, alla «svendita del marchio» con accordi di merchandising da Airbnb a Uniqlo, fino alla piattaforma cinese Alibaba. Rykner aveva diffuso le immagini del caos intorno al trasloco provvisorio della Gioconda dalla Sala degli Stati, chiusa per lavori, in un percorso tortuoso e congestionato, con guardiani costretti a urlare per ordinare le file di visitatori come in unasagra di paese. L’anno scorso c’era stata l’inaugurazione del nuovo palazzo dove mettere al sicuro le immense riserve del museo, costruito a Liévin, a duecento chilometri da Parigi, con annesse polemiche di molti conservatori.
Tanti problemi sono stati forse amplificati in modo strumentale dai nemici di Martinez e comunque possono essere considerati fisiologici per un’istituzione così complessa. Poi è arrivato il Covid che ha dato il colpo fatale a un museo che ha perso in pochi mesi oltre il 70 per cento del suo pubblico, ovvero i turisti stranieri. La chiusura imposta dal governo per oltre duecento giorni, nonostante gli sforzi fatti sul digitale, non ha aiutato. Il Louvre ha accumulato un buco finanziario di quasi 90 milioni di euro. Nella partita si è immischiata la politica, che in Francia non è mai lontana dalla cultura. Macron ha aperto la corsa alla successione. Per finire su una donna, spesso il jolly che si pesca quando c’è da scontentare troppi pretendenti.
Il progetto della nuova direttrice s’intitola “Louvre 2030”. Des Cars vuole aprire una riflessione sugli orari di apertura per attirare nuovo pubblico, creare un nuovo dipartimento dedicato a Bisanzio, rafforzare lo spirito “universale” del museo. Su eventuali prestiti all’estero della Gioconda è allineata con Martinez. «È un’opera troppo fragile per viaggiare» ha spiegato ieri mattina. Figlia del giornalista e scrittore Jean des Cars e nipote del romanziere Guy des Cars, è specialista dell’arte dell’Ottocento e dell’inizio del Novecento. Al museo d’Orsay ha portato mostre che dialogano con temi del presente, come la diversità, le questioni sociali e l’importanza di attrarre le nuove generazioni. È riuscita ad affrontare un tema delicato come il razzismo nella mostra Le Modèle Noir, de Géricault à Matisse, con successo di pubblico e critica: nel 2019, il numero dei visitatori era salito fino a 3,7 milioni, con un livello di autofinanziamento del 64%. In passato Des Cars è stata nel comitato scientifico dell’agenzia France-Muséums, l’operatore francese incaricato di sviluppare il Louvre di Abu Dhabi, un dossier di cui dovrà presto occuparsi. La nuova presidente si è costruita una solida rete di contatti internazionali, in particolare negli Stati Uniti. Aveva accompagnato Macron nel suo primo viaggio americano dopo l’elezione all’Eliseo.
https://www.repubblica.it/