E Conte va in pressing su Iv “Dentro o fuori in pochi giorni”

di Tommaso Ciriaco
ROMA — Il tempo, ecco cosa tormenta Giuseppe Conte in queste ore. Perché se l’ennesimo attacco di Matteo Renzi viene accolto nell’unico modo possibile, «si sa, mi dipinge con tutti come un nemico… », il problema di come risolvere il rapporto con Italia Viva resta lì, sul tavolo, ad angosciarlo. Per questo, ieri è entrato in contatto con emissari del vertice renziano. E ha pronunciato parole che assomigliano a un ultimatum: «Il vostro comportamento nei giorni scorsi non è stato quello di una forza di maggioranza che lavora con spirito di collaborazione. Serve un chiarimento al vostro interno, se del caso anche prendendovi qualche giorno, per valutare bene se intendete proseguire in modo leale a realizzare il programma ».
Sembra un’ultima chiamata alla ragionevolezza. L’alternativa è andare presto fino in fondo, per chiudere una volta per tutte la questione. L’idea valutata dal premier nelle ultime ore prevede di portare presto, entro due o tre settimane al massimo, l’agenda 2023 alle Camere. Chiedere il voto su una risoluzione di maggioranza, come una fiducia di fatto. E sfidare una volta per tutte il leader di Rignano: «Decidi da che parte stare ».
Il piano avrebbe un vantaggio, emerso da alcuni contatti informali con il fronte berlusconiano del Senato, in queste ore: una pattuglia composta da tre, quattro, forse addirittura cinque senatori di Forza Italia sarebbe pronta ad astenersi, un primo passo verso l’ingresso in maggioranza. L’operazione, però presenta anche uno svantaggio: se all’ultimo momento Renzi vota contro l’agenda e i senatori azzurri non si manifestano, l’esecutivo entra in crisi.
È un difficile compromesso tra pazienza e fretta, quello che l’avvocato giallorosso cerca di costruire. La priorità di Conte – ma pure di Goffredo Bettini e Nicola Zingaretti – è che nasca al più presto un gruppetto di parlamentari “democratici” – composto da renziani e berlusconiani ostili a Matteo Salvini – pronti a rendere comunque irrilevante Italia Viva a Palazzo Madama. Come fare uscire allo scoperto questi “volenterosi”? Sui temi, appunto. Se non si crea un’occasione parlamentare prima – con uno strappo di Italia Viva – sarebbe il capo dell’esecutivo a favorire l’operazione con un voto sull’agenda 2023.
Il problema è che l’ala governativa del Partito democratico, quella di Dario Franceschini e Lorenzo Guerini, consiglia al premier una strategia un po’ diversa per raggiungere lo scopo: «Evitiamo gruppi autonomi. Va benissimo invece sfidare Renzi sull’agenda 2023, perché è giusto provare a raggiungere un’intesa. Se poi è lui a rompere, sarà più facile convincere i suoi senatori a restare in maggioranza». Anche perché, come ha spiegato Luigi Zanda agli amici di governo, è meglio favorire singole e poco rumorose adesioni ai gruppi già esistenti piuttosto che immaginare strane alchimie, visto che «di solito con i gruppi di “responsabili” non si va lontani».
Toccherà a Conte, alla fine, decidere la strategia migliore. Di certo, ha chiesto di accelerare sul programma che i giallorossi stanno costruendo a fatica in queste ore. Oggi è previsto l’ultimo incontro tematico sulla giustizia, poi servirà una sintesi. Ieri, intanto, gli alleati si sono ritrovati con Conte per discutere di immigrazione. Non è andata malissimo. Ma alcuni segnali hanno comunque allarmato l’avvocato.
Quel che Conte osserva nel salone di Palazzo Chigi è un film che rischia di ripetersi dieci, cento, mille volte. L’attore protagonista è sempre di Italia Viva. Il renziano Gennaro Migliore si presenta alla riunione con l’intenzione di chiedere al governo una svolta a sinistra sull’immigrazione. Il Pd e Leu, avvertiti, non possono e non vogliono farsi scavalcare. Nicola Fratoianni chiede alla ministra dell’Interno di cancellare le multe alle navi delle Ong. Il dem Matteo Mauri non si tira indietro. E l’effetto si scarica sul Movimento: Rocco Crimi e Giuseppe Brescia – l’ala destra e sinistra dei 5S – non si mostrano del tutto allineati. Con il rischio di alimentare nuove tensioni interne ai gruppi grillini.
Sa che il rischio è proprio questo, Conte. Teme che la strategia renziana si ripeta, uguale a se stessa, per tutti i dossier: giustizia, sicurezza, autostrade, economia. Ha paura che la radicalizzazione della posizione di Italia Viva costringa anche le altre forze «a piantare bandierine» e complichi ogni accordo. E quando lo sostiene, pensa soprattutto al “suo” Movimento.
Il silenzio di Luigi Di Maio sta entrando nella leggenda. Il leader non voleva neanche salire sul palco dell’evento sui vitalizi. E le voci di un suo dialogo riservato con Renzi certo non rasserenano. Veleni, realtà? Di certo, il ministro giocherà una partita interna. E non è l’unico. A Conte hanno annunciato un’altra potenziale bomba pronta a esplodere nei 5S: entro poche settimane Di Battista potrebbe candidarsi alla guida dei 5S.
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