Dopo il salvataggio nessuna sanatoria per i responsabili del caso Mps.

Oggi si riunisce il consiglio di amministrazione del Monte dei Paschi per valutare la semestrale. La progressiva attuazione del piano di ricapitalizzazione precauzionale per 8,3 miliardi, dopo la valutazione da parte della Bce, potrà iniziare, per giungere, a conclusione, a una partecipazione dello Stato del 70% dal 53,4% iniziale, allorché saranno acquisite dal Tesoro le azioni nelle quali i creditori subordinati hanno convertito le obbligazioni possedute. Il piano prevede altresì la dismissione di 28,6 miliardi di crediti deteriorati e, di qui al 2021, 5.500 esuberi di personale, di cui 4.800 con il ricorso al Fondo di Solidarietà. Per ora quella di Mps è l’unica esperienza di ricapitalizzazione precauzionale, alla quale si è arrivati dopo una tormentatissima vicenda e gli errori compiuti dal governo Renzi, che aveva ritenuto di affidarsi al presunto demiurgo Jp Morgan per risolvere i gravi problemi del rilancio dell’istituto con il risultato fallimentare che poi si è verificato. A complicare la situazione ha dato man forte la Vigilanza unica di Danièle Nouy, che a dicembre dello scorso anno nel giro di pochi giorni ha aumentato di circa 3 miliardi l’ammontare della ricapitalizzazione ritenuta necessaria. La ciliegia sulla torta è stata la sostituzione dell’amministratore delegato Fabrizio Viola, che prima con Alessandro Profumo e, poi da solo aveva dato un grande contributo per il salvataggio e il rilancio della banca. Si può dire, alla napoletana, «chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato, scurdàmmoce ‘o passato»? Niente affatto: alla soddisfazione perché le cose si stanno mettendo a posto non può seguire una sorta di generale sanatoria. Le cause genetiche del dramma del Monte, anche con riferimento alla decisione delle strutture amministrative della Vigilanza di quel tempo (in presenza di un diverso vertice) di concedere l’autorizzazione all’acquisto di Antonveneta con alcuni passaggi che vanno decisamente chiariti, saranno analizzate certamente dalla commissione parlamentare di inchiesta. Le scelte del governo nell’ultimo anno (dal 2016) meritano anch’esse un approfondimento. Non si può di certo spiegare il tutto con il destino cinico e baro. La lunga storia del più antico istituto di credito – portato dagli altari alla polvere – che vede coinvolti istituzioni, partiti, società civile, poteri economici e organi di controllo sarà scritta come emblema della dispersione di un patrimonio, prima ancora che economico e monetario, composto di tradizioni, di vita comunitaria, di prestigio e naturalmente di sostegno allo sviluppo e alle famiglie. Il primum movens fu il non voler ascoltare la Banca d’Italia, allorché, tra la fine degli anni ’90 e l’inizio degli anni Duemila, aveva sollecitato la Fondazione Mps a scendere nel capitale della banca in modo da poter realizzare la desiderata aggregazione con Bnl. Concorsero nel rifiuto consiglieri e consigliori. Un localismo autoreferenziale, quasi da riservato dominio, fece la propria parte. Ora il contesto è enormemente diverso. Si deve confidare in un’azione decisa di rilancio e nella capacità di aggredire, da parte del vertice aziendale, gli altri nodi dell’efficienza ed efficacia dell’azione del Monte, non potendosi limitare il risanamento alla sola contrazione degli oneri del personale, chiamato così a un grande sacrificio ancorché con l’assistenza delle agevolazioni all’esodo. Il Tesoro dovrà assumere in prima persona la responsabilità di restituire, nei tempi che saranno necessari, l’istituto alla pienezza del mercato anche dal lato dell’assetto proprietario. Intanto sarà opportuno che sia deciso il rinnovamento degli organi deliberativi e di controllo non con esponenti ministeriali, ancorché non si dubiti della loro idoneità, ma con personalità autorevoli tratte dal mondo delle professioni e delle competenze bancarie e finanziarie, dotate di particolare esperienza: si darà così il segnale di una nazionalizzazione sui generis, di carattere transitorio, e non di una burocratica statizzazione dalle indefinite prospettive. Un occhio alla senesità, per gli aspetti da conservare e valorizzare dismettendo quelli che hanno rappresentato un peso per il Monte, sarà necessario. Si è salvato definitivamente uno storico, grande istituto; ora scatta la prova di sapere affrontare, non più con le stampelle del pubblico, le sfide che si profilano.
MF –