DIETRO LE QUINTE DEL TEATRO E DELLA VITA: LA FAMIGLIA SCARPETTA-MARTONE-SERVILLO

di Maurizio Porro

 

Il popolarissimo artista comico napoletano Eduardo Scarpetta, padre teatrale (e forse reale) di Eduardo De Filippo e dei suoi fratelli Titina e Peppino, rivisto da Mario Martone nella sua grandezza scenica. E nella sfida irriverente che lanciò al vate Gabriele D’Annunzio, irridendo la sua più famosa tragedia e trovando al suo fianco un avvocato difensore d’eccezione, Benedetto Croce. Su tutto un enorme mattatore, Toni Servillo, perfettamente calato nell’anima di un passato che gli appartiene

Ci sono le quinte del teatro e ci sono le quinte di una famiglia. Col suo nuovo film, in anteprima a Venezia e ora in sala, Qui rido io!Mario Martone unisce in un abbraccio queste due quinte, con i loro misteri, e dirige un film tradizionale mai digitale ma coi soli effetti speciali dei sentimenti e del teatro. Qui rido io!, frase che svetta dal 1889 sulla villa al Vomero del popolarissimo artista comico Eduardo Scarpetta, è la storia di questo attore che da patriarca del palcoscenico ha dato il via a una stirpe, tanto che il suo trisnipote 28enne, Vincenzo, è nel cast tutto teatrale del film che rievoca un’epoca in scena e fuori scena. Scarpetta è stato il più amato e popolare degli attori di fine secolo, perfino Gor’kji fu suo ammiratore e andò a trovarlo nel camerino, ma al comico che conquistò le platee col clown affamato e miserabile Felice Sciosciammocca (quello degli spaghetti in tasca che rifece Totò in Miseria e nobiltà) non bastava mai.

Era amato e ricco (Na santarella il suo maggior successo), ma voleva di più, e non potendo sopportare la prosopopea del vate D’Annunzio si mise in testa di allestire in parodia dialettale, Il figlio di Jorio, parodia della sua tragedia più famosa, anche senza aver avuto un vero lasciapassare dal poeta (Paolo Pierobon). Finisce che lo spettacolo è un fiasco clamoroso e anche pilotato, la sera del 3 dicembre 1904 al Mercadante di Napoli, e ne segue pure un processo per plagio al “povero” illuso Scarpetta, che fortunatamente conterà su un avvocato come Benedetto Croce (Lino Musella). Fu il primo caso di riconoscimento del diritto d’autore e anche di satira: Croce derubricò il fatto come un brutto testo il che, ieri come oggi, non costituisce reato.

Se questo è il soggetto, vero e inedito per i più, della storia scritta da Martone con Ippolita di Majo, il senso vero e profondo del film sta nel connubio tra la vita e il teatro e soprattutto tra le due “famiglie”, una in casa e una sul palcoscenico, nel segno dell’irregolarità. Vince certo quella della sala, anche perché Scarpetta aveva una specie di harem – nove figli, tre legittimi e sei illegittimi tra cui, dall’umile mamma Rosa, i tre fratelli De Filippo che da lì presero le mosse per le loro storiche carriere – e coltivò il senso della tradizione.

Si spiega il passaggio delle doti del teatro con figli e nipoti che stavano in quinta a spiare il padre, come accadde con i De Filippo e i loro figli, purtroppo oggi scomparsi. Il film è bicolore, certamente una commedia ma con venature drammatiche o viceversa, perché dentro i germi della risata, su cui si ragiona assai, ci sono le radici anche della malinconia e i problemi di casa si riversano pure in scena. Martone, da sempre al servizio sia del teatro (con lo storico gruppo Teatri Uniti) sia del cinema, regista di due memorabili allestimenti lirici durante il lockdown nella sala e nel foyer dell’Opera di Roma (Barbiere di Siviglia e Traviata), è dentro fino al collo alle sue due passioni, che infatti manovra senza un attimo di pausa e con un affetto che non si potrebbe simulare.

Al risultato felice e divertente, anche per la somma di memorie e risate che resuscita, contribuisce la prova enorme da mattatore di Toni Servillo, che si cala dentro l’anima di un passato che gli appartiene, mentre noi scopriamo i piccoli e grandi segreti del mondo del teatro Made in Napoli e questa magnifica storia quasi melò: che sembra inventata ma non lo è, anzi fino a pochi anni fa era segreta, ed è l’incrocio tra le due grandissime famiglie d’arte entrate nella Storia.

Qui rido io di Mario Martone con Toni Servillo, Maria Nazionale, Cristiana Dell’Anna, Antonia Truppo, Eduardo Scarpetta, Roberto De Francesco, Iaia Forte, Lino Musella, Marzia Onorato, Paolo Pierobon, Gianfelice Imparato

 

 

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