di Massimo Franco
C’è un filo negativo che unisce le resistenze alla riforma della Guardasigilli, Marta Cartabia in materia di giustizia, e le polemiche sul ruolo dei servizi segreti ai tempi dei governi di Giuseppe Conte. È il filo di vicende del passato che si proiettano sulla maggioranza attuale, contribuendo a darne un’immagine litigiosa. E non sorprende che uno dei temi più divisivi sia quello della magistratura. Per paradosso, sulla legge in discussione in Parlamento si scaricano l’insoddisfazione parallela sia dei renziani, che si preparano all’astensione come, per altri motivi, il M5S; sia dell’Anm, in «stato di agitazione permanente». Sono segnali sconcertanti. Lasciano filtrare un conflitto sordo che confonde metodo e merito. Riflettono la difficoltà a trovare una mediazione su un tema che nei mesi scorsi ha offerto un quadro desolante dei rapporti all’interno degli organismi giudiziari; e costretto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, come capo del Csm, a invocare con parole severe una riforma radicale, al momento della rielezione. Constatare adesso che l’ipotesi messa a punto dal ministro Cartabia e dal governo provoca perfino annunci di sciopero lascia perplessi.
Anche perché l’Anm è la prima a riconoscere l’esigenza della riforma. Ma ne chiede una «diversa» sostenendo che quella in discussione guarderebbe «molto al passato». L’aspetto singolare è che a contestarla per ragioni diverse è la formazione di Italia viva. Secondo il presidente Ettore Rosato, Cartabia avrebbe «ceduto all’ala giustizialista del Pd»; e mediato con chi «non voleva cambiare assolutamente nulla». Eppure, il sospetto è che queste riserve siano lo schermo per velare una preferenza per lo status quo.
Oltre tutto, messa così, la questione assume contorni ancora più confusi agli occhi dell’opinione pubblica. Ed evoca uno scontro dentro il potere giudiziario, del quale alcuni partiti si fanno portavoce. Ma il riferimento a una parte del Pd fa capire che sia in tema di giustizia, sia sui servizi segreti i contrasti incrociano il tema delle alleanze. Le critiche non nuove alla gestione controversa dell’intelligence quando il grillino Conte era premier evocano vicende opache.
Ma dal punto di vista politico puntano a mettere in mora i rapporti tra il M5S e il partito di Enrico Letta alla vigilia delle Amministrative di giugno. Il tema, tuttavia, è più generale. Si conferma la difficoltà per Palazzo Chigi di indurre le forze politiche, ma anche altre esterne al Parlamento, a voltare pagina rispetto a riflessi conservatori radicati. Il percorso tormentato della riforma della magistratura è emblematico. Un ordine giudiziario diviso e indebolito osserva con sospetto ogni ipotesi di cambiamento.