DI QUALE IDENTITA’ PARLIAMO

Identità, singolare femminile: l’essere identico, perfetta uguaglianza (…); di persona, l’essere appunto quello e non un altro (…); il senso e la consapevolezza di sé come entità distinta dalle altre e continua nel tempo. Parlando di identità del centro fiorentino, partiamo dall’accezione che vogliamo dare al termine. Da una parte c’è il rischio omologazione, già realtà per molte strade ormai identiche a quelle di tante altre città europee, con suoni simili, solite insegne e stesse merci, dall’altra i tratti distintivi e storici, patrimonio da proteggere. Il sindaco Dario Nardella, presentando le cose fatte nel bilancio di metà mandato, ha detto: «Mi chiedono che identità ha il centro, e rispondo che l’identità c’è, è la rigenerazione e l’attrazione dei giovani, la vocazione alla formazione». Spostata l’Università fuori dal centro, con una decisione di cui oggi ci si rammarica un (bel) po’, cos’è rimasto in centro sul fronte della formazione? Tante scuole per stranieri, le sedi di prestigiose università americane, la School of Transnational Governance dell’Istituto universitario europeo in via Cavour, la Scuola 42 per esperti digitali al Cestello. Gran parte dell’offerta è rivolta all’esterno, ben poca all’interno, cioè non saranno i fiorentini i principali fruitori. Si dirà che questo può favorire l’attrazione di cervelli, che Firenze è una città globale e che fiorentino è chi a Firenze sta e su questo siamo d’accordo.

In stretto collegamento c’è «l’attrazione dei giovani» che Palazzo Vecchio ha detto di voler sostenere attraverso la costruzione di studentati come quello che occuperà il palazzo del Michelucci in via Pietrapiana oggi semi abbandonato, ma gli studentati saranno poi utilizzabili almeno in parte anche per ospitare i turisti. Terza voce: la rigenerazione, qui gli esempi ripetuti — passate di moda le Murate, per anni onnipresenti — sono l’ex tribunale in piazza San Firenze diventato «casa» delle fondazioni Zeffirelli e Bocelli (la prima c’entra forse qualcosa con l’identità cittadina, la seconda di certo no) e l’ex caserma Cavalli diventata la sede di Nana Bianca, fortunato incontro delle idee innovative di Alessandro Sordi e Paolo Barberis con i soldi della Fondazione Crf. Qual è il punto? Il punto è che ciò che abbiamo citato non dà di per sé un’identità ai luoghi del centro di Firenze, dà loro una funzione. Che è un’altra cosa, importante, apprezzabilissima. L’identità è una cosa che è qui e non potrebbe essere altrove, strade vive, botteghe di vicinato, relazioni sociali, residenti (sì, oltre a Palazzo Vecchio, David, Forte Belvedere…). Dal discorso sul centro invece i residenti sembrano scomparsi. Quelli che ci sono, anche se va dato atto a una parte della giunta di aver riallacciato un dialogo, e quelli che ci potrebbero essere ma in centro non si sa come riportarli. Di certo non con le scuole per stranieri, né con i grandi nomi. Parcheggi, servizi, fornai, sembrano più utili alla causa. Serve volare basso, oltre che lanciare (giustamente) Firenze come città campionessa della pace. Magari reclamando con forza gli strumenti che servono per una vera programmazione urbana. Questa sì che sarebbe una vittoria per la seconda metà di mandato.

Carlo Nicotra

 

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