De Luca non ci sta (e litiga con tutti): meglio un esecutivo di unità nazionale

 

Il presidente della Regione attacca Di Maio e Spadafora. La protesta in piazza di centri sociali e ambulanti

Fulvio Bufi

NAPOLI Stavolta non ha annunci da fare e si capisce subito. Sa già di aver perso la partita giocata a Roma per tutta la settimana, anche se l’ufficialità arriverà quando la telecamera puntata su di lui per l’ennesima diretta Facebook del venerdì si è già spenta da almeno mezzora.

Il tentativo di De Luca di trasmettere, attraverso numeri inspiegabili, l’immagine di una regione dove la sanità è ancora in grado di reggere agevolmente la pressione di oltre quattromila contagi al giorno è fallito. La Campania è zona rossa e lui ora si ritrova senza argomenti, senza colpi di teatro da tirar fuori con studiata tempistica. Proprio stavolta che l’attesa per il suo discorso era più forte che mai, soprattutto a Napoli. Perché veniva all’indomani di quelle drammatiche immagini del Cardarelli e dell’uomo morto in un bagno del reparto di osservazione Covid, e nei giorni delle interminabili file davanti al pronto soccorso del Cotugno, con gli ammalati nelle auto e le bombole di ossigeno fuori.

Ci si aspettava da De Luca che svelasse il mistero nascosto dietro numeri «incoraggianti» e immagini terrificanti. Ma non lo fa. Preferisce raccontare un mondo in cui tutti sono contro la Campania.

«Quelli che finora hanno perso tempo, che non hanno mosso un dito per frenare il contagio, sembra che adesso siano diventati rigoristi». E qui è chiaro il riferimento al governo. Poi c’è l’immancabile attacco a de Magistris: «L’immagine del lungomare di Napoli affollato da migliaia di persone ha determinato una svolta nell’opinione pubblica nazionale e una spinta a chiudere tutto. Ma se devo dire la verità quelle immagini motivano non una zona rossa ma una zona strarossa, perché sono vergognose». E poi: «Sapete chi avrebbe dovuto decidere (di chiudere il lungomare, ndr), ma era impegnato a fare il giro delle televisioni per farsi pubblicità».

E poi ancora contro il governo, con nomi e cognomi. «Alla lista degli sciacalli si è aggiunto un eminente esponente politico, tale Luigi Di Maio». Lo riempie di accuse, ma brevemente: «Mi voglio fermare perché il solo nome di questo soggetto mi procura reazioni di istinto che vorrei controllare». E quindi passa al ministro dello Sport, spiegando di aver chiesto a esponenti del Pd addirittura di abbandonare la maggioranza «perché non è tollerabile nessun rapporto di collaborazione quando vi sono nel governo ministri alla Spadafora, che ha raccontato bestialità non più di una settimana fa». (le «bestialità» di Spadafora sarebbero le critiche mosse all’ organizzazione della sanità campana).

Il video al Cardarelli

Nel suo discorso accuse anche a chi ha realizzato il filmato dell’uomo deceduto

Insiste sulla necessità di aprire la crisi: «Questo non è un governo. Sarebbe cento volte meglio avere, anziché dilettanti allo sbaraglio, un governo di unità nazionale o un governo del Presidente».

Poi se la prende pure con lo scrittore Roberto Saviano, un altro che lo ha criticato. Lo definisce «camorrologo di professione», lo critica perché «continua a vestirsi come un carrettiere», e lo accusa di «parlare di cose di cui non capisce niente».

E finalmente arriva al video del Cardarelli. Ma non per chiedere scusa ai parenti dell’uomo morto nel bagno, e nemmeno a pazienti, medici e infermieri per le condizioni terribili di quel reparto. Ma per solo prendersela con chi ha girato il video e ha fatto vedere come vanno le cose lì dentro.

Almeno, però, stavolta le sue parole non hanno fatto scatenare proteste importanti. Solo un folto gruppo ambulanti si sono fatti vedere davanti alla Regione. Ma dopo aver avuto l’assicurazione che nei prossimi giorni saranno ricevuti, hanno chiuso gli striscioni e se ne sono andati.

 

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