Sembra facile tornare alla normalità. Ma non lo è, almeno nella scuola. Lo stravolgimento delle regole causa Covid-19 ha richiesto tali e tanti cambiamenti ad alunni, personale e famiglie che adesso ritornare alla scuola «di prima» – con un virus che non è affatto scomparso – rischia di gettare di nuovo il sistema nel caos. Il decreto che fissa le modalità della fine dello stato di emergenza (31 marzo), approvato in consiglio dei ministri il 18, è diventato pubblico solo il 24, con pochissimi giorni di preavviso per prepararsi al nuovo cambio di regole. Anche se non tutte le precauzioni saranno rimosse dal 1 aprile.

RIMARRÀ, AD ESEMPIO, l’obbligo di mascherina chirurgica in classe per tutti. Così come rimane l’isolamento con didattica digitale per chi è positivo. Per tutti gli altri alunni, l’accesso a scuola sarà garantito: anche chi è entrato in contatto con una persona positiva tornerà in aula. Se i casi nella stessa classe sono più di quattro, le lezioni proseguono ma scatta l’obbligo di mascherina Ffp2. A scuola e altrove, vaccinati e non vaccinati seguiranno le stesse regole.
Per il resto molti doveri verranno meno anche se per passi graduali. L’obbligo vaccinale per il personale scolastico rimarrà fino al 15 giugno, come per over 50, personale universitario e forze dell’ordine. Solo per medici, infermieri e personale di ospedali e Rsa l’obbligo rimarrà in vigore fino al 31 dicembre. Tuttavia, la sanzione per chi non vi ha adempiuto è limitata a una multa di 100 euro una tantum e non impedisce di riprendere l’attività lavorativa. Fino al 30 aprile, per lavorare a scuola (come altrove) basterà il green pass «base» da vaccino, guarigione o tampone. Dopo, non servirà nemmeno quello.
Chi non si è vaccinato dovrà essere adibito a mansioni «di supporto all’istituzione scolastica» che non comporteranno il contatto con gli studenti. Quali siano queste mansioni però non lo sa nessuno. Certo non i dirigenti scolastici, che in questi due anni hanno dovuto sfruttare ogni angolino degli istituti per garantire quel po’ di distanziamento reso possibile dalle sgarrupate scuole italiane.

«Si trascura il fatto che nelle scuole il 90% delle persone che le frequentano sono gli studenti e risulta impossibile individuare locali in cui non vi sia la loro presenza» dice Mario Rusconi, presidente dell’Associazione Nazionale Presidi di Roma. «Proprio per permettere distanziamenti adeguati durante la pandemia sono stati riadattati ad aule tutti i locali in precedenza destinati ad altra funzione: aula magna, laboratori, biblioteche, luoghi di studio individuale». Anche il loro rientro dunque non diminuirà il ricorso ai supplenti che, teme Rusconi, comporteranno un aggravio di spesa che rischia di diminuire il “tesoretto” accantonato per il rinnovo del contratto dei docenti. «Un altro pasticcio» lo chiama il segretario di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni, che chiede un intervento di Palazzo Chigi e il ritiro tout court del decreto.

L’ALTRA INCOGNITA riguarda le misure di prevenzione sui trasporti pubblici, finora giustificate soprattutto dalla necessità di impedire il contagio sulle affollate corse delle ore di punta. In settimana il governo vedrà i prefetti per decidere la riorganizzazione. Sarà probabilmente ripristinata la piena capienza su tutti i mezzi pubblici dal primo aprile. Saranno altresì dismesse le linee aggiuntive necessarie a decongestionare bus e metro. La questione è particolarmente critica nelle grandi città in cui il ricorso al trasporto collettivo è più intensivo.
A Roma, in particolare, il prefetto Matteo Piantedosi è orientato anche a superare il sistema degli scaglioni per gli ingressi scolastici, che oggi avvengono alle ore 8 e alle 9.40. Dal primo aprile, anche da questo punto di vista si dovrebbe tornare alla tradizione. È una richiesta più volte avanzata anche dagli studenti nelle loro mobilitazioni. Ma ripristinare l’orario pre-pandemia significa rivedere tempi e orari anche per il personale, un’impresa che non sarà facile a poco più di due mesi dalla conclusione dell’anno scolastico. «Le famiglie avevano metabolizzato gli orari decisi a inizio anno scolastico, organizzando, conseguentemente, il ménage familiare» osserva Rusconi, «per non parlare di quello che comporta il cambiamento degli orari per le scuole, con tanti docenti che insegnano in più plessi».

I PRESIDI CHIEDONO prudenza anche alla luce dei contagi. Il numero dei nuovi casi sembra essersi assestato su livelli doppi rispetto a un mese fa, ma con un impatto sui ricoveri gestibile, di poco sopra i livelli di febbraio sia in area medica che in terapia intensiva. Tutte le regioni attualmente hanno numeri da zona bianca. Il trend è confermato anche dai numeri di ieri: 30.710 nuovi casi e 95 morti, sostanzialmente gli stessi della domenica precedente.