Dai “furbetti” alle “cene eleganti” le parole che non leggeremo più.

DARIO DEL PORTO FABIO TONACCI
Ci sono intercettazioni che hanno svelato il lato oscuro del potere. «La patonza deve girare», dissertava al telefono l’ex premier Berlusconi, commentando l’ennesima serata elegante a Palazzo Grazioli. Un mondo in una frase. Che forse non potremo più leggere così come è stata pronunciata. In base al nuovo decreto del governo, quella battuta avrebbe dovuto essere riassunta e parafrasata negli atti, e chissà quale contorsione verbale si sarebbe dovuto inventare l’investigatore con le cuffie messo a trascrivere l’eloquio tra Berlusconi e Tarantini.
Dalle carte sono saltate spesso fuori intercettazioni fulminanti. Che hanno spiegato con un pugno di vocaboli la teoria di una mente criminale come Massimo Carminati, l’appetito distorto di chi fiutò nel terremoto un’opportunità imprenditoriale, i retroscena più segreti del Palazzo. A volte, è vero, sconfinando nel privato: tale era lo sfogo («…se mi tratti come una sguattera del Guatemala…») dell’ex ministra Federica Guidi col suo fidanzato. Ecco alcune delle cose che non avremmo saputo.
«LA PATONZA DEVE GIRARE»
Quella sulla «patonza che deve girare» è una delle immagini simbolo della stagione delle cene eleganti. Ma non l’unico scandalo per Berlusconi. Nell’agosto del 2011 si scopre che il suo amico ed ex direttore dell’Avanti! Valter Lavitola è coinvolto in un’indagine a Napoli su un presunto ricatto ai danni dell’allora premier. In quel momento, Lavitola è in Bulgaria. «Resta lì e vediamo un po’…sono cose che non esistono e su cui scagionerò naturalmente tutti», gli suggerisce Silvio al telefono.
«BABBO NON TI CREDO».
Anche Matteo Renzi è finito intercettato, seppur indirettamente. Non è ancora presidente del Consiglio, l’11 gennaio 2014, quando parla con il generale della Finanza Michele Adinolfi, a quel tempo ascoltato dal Noe per l’inchiesta sulla Cpl Concordia. Renzi si lascia andare a commenti sull’allora premier, Enrico Letta: «Non è cattivo, non è proprio capace…». L’antipasto delle polemiche esplose, di recente, a margine del caso Consip. È il Fatto Quotidiano a pubblicare una telefonata fra il segretario del Pd e il padre Tiziano, sotto inchiesta a Roma per traffico di influenze. «Io non voglio essere preso in giro e tu devi dire la verità in quanto in passato la verità non l’hai detta a Luca (Lotti, ndr), dice Matteo a suo padre. «Devi dire se hai incontrato Romeo una o più volte e devi riferire tutto quello che vi siete detti…babbo non ti credo…».
“MIGRANTI MEGLIO DELLA DROGA”
Sarebbe stato impossibile, poi, percepire l’humus criminale di cui si è alimentato il gruppo di Carminati senza quel pezzo di conversazione riportato nell’ordinanza di arresto del 2014. «È la teoria del mondo di mezzo, compà — spiega il Nero — Ci stanno i vivi sopra e li morti sotto e noi stamo ner mezzo… Ce sta un mondo in mezzo in cui tutti si incontrano e dici: cazzo, com’è possibile che… un domani io posso stare a cena con Berlusconi? Il mondo di mezzo è quello invece dove tutto si incontra. Allora nel mezzo anche la persona che sta nel sovramondo ha interesse che qualcuno del sottomondo gli faccia delle cose che non le può fare nessuno ». Di che pasta è fatto Carminati lo abbiamo compreso anche dalle intercettazioni in cui minacciava l’ex amministratore delegato di Eur spa («Lo famo strillà come n’aquila sgozzata!») e dalle riflessioni del suo socio Salvatore Buzzi sul vero business della banda («Tu c’hai idea quanto ce guadagno sugli immigrati? Eh? Il traffico di droga rende de meno! ».
“I FURBETTI DEL QUARTIERINO”
Col nuovo decreto l’opinione pubblica non avrebbe potuto conoscere le manovre di Stefano Ricucci sulla scalata Antonveneta, né avremmo sentito quell’autodefinizione «‘stamo a fa’ i furbetti del quartierino» da lui sbraitata in faccia al suo collaboratore Fransoni e che ha descritto un’epoca finanziaria. Né probabilmente avremmo ascoltato gli audio agghiaccianti dei due imprenditori che sghignazzavano sui palazzi appena crollati dell’Aquila («Io ridevo questa mattina alle tre e mezzo dentro al letto»), pregustando l’affare della ricostruzione. Cosa che si è ripetuta, con altri protagonisti, anche per il sisma che ha devastato Amatrice.
“L’ARBITRO NELLO SPOGLIATOIO”
È passata alla storia anche l’intercettazione in cui Luciano Moggi sosteneva di aver chiuso nello spogliatoio l’arbitro Paparesta dopo Reggina-Juventus: «Mi sono portato le chiavi in aeroporto ». I due hanno sempre negato, definendola una battuta. Che oggi resterebbe in un cassetto.
Fonte: La Repubblica, www.repubblica.it/