DA BRUXELLES UN RICHIAMO CONTROVERSO MA PREVEDIBILE.

 

La Nota
Il rischio contagio Il timore europeo è che il contagio della xenofobia e della rivolta contro l’austerità si diffonda dall’Italia in tutta l’Unione
Le reazioni di Movimento 5 Stelle e Lega contro il francese Pierre Moscovici, erano scontate. Ma in qualche misura era prevedibile anche «l’ingerenza» del commissario agli Affari economici dell’Unione sui rischi che corre l’Italia, nel momento in cui esponenti delle due forze politiche toccano temi dirimenti. Il riferimento «trumpiano» del candidato del centrodestra in Lombardia, Attilio Fontana, alla difesa della «razza bianca», incrocia una xenofobia in ascesa; e che si abbina a un antieuropeismo preoccupante. Non per nulla, a ruota lo ha attaccato il commissario Frans Timmermans.
Ma inquieta anche l’idea di sfondare unilateralmente i vincoli di spesa per crescere, rilanciata ieri dal candidato dei Cinque Stelle a Palazzo Chigi, Luigi Di Maio. E Moscovici gli ha risposto che «è economicamente non pertinente». C’è da chiedersi chi è destinato a guadagnare in questo scontro. Di solito, ogni volta che ci sono stati richiami dall’estero, i destinatari si sono rafforzati, non indeboliti. E Di Maio ha ricordato a Corriere live che la Francia «negli anni ha sforato il tetto del 3% per investire».

Dunque, parole magari inopportune, quelle di Moscovici. Ma l’adesione all’Europa rende la politica interna intrecciata con le strategie continentali. E in un momento di riassestamento degli equilibri, rivendicare una continuità sulle scelte compiute è inevitabile. Chiedere, come il centrodestra, che Moscovici «si faccia i fatti suoi», può portare voti. Non coglie tuttavia un punto: il debito pubblico, l’incertezza sull’esito elettorale e i rigurgiti del razzismo hanno ricadute sull’intera Europa.

Non si possono isolare. Dunque rischiano, se non valutati bene, di provocare l’isolamento del nostro Paese, che nell’Europa del Nord è già guardato con sospetto. Dire, come fa Moscovici, che il rapporto con il governo di Paolo Gentiloni è saldo; e che l’Ue auspica «un governo pro-europeo e pro-moneta unica», è qualcosa di scontato. Come è difficilmente contestabile che «mettersi ai confini e ai margini della zona euro» non è «nell’interesse dell’Italia».

La sollevazione della Lega di Matteo Salvini e del M5S va letta in un’ottica elettorale. Ma entrambi non possono tirare la corda. Di Maio assicura di avere rinunciato a un referendum sull’euro; e di volere un ministro dell’Economia «conosciuto agli investitori internazionali». Silvio Berlusconi spiega in Europa che il suo alleato Salvini non è più contro la moneta unica. Riaffiora il tema della «doppia narrativa»: attacchi all’Ue nei comizi, e offerta di garanzie negli incontri riservati. La Commissione dovrebbe essere più prudente con le parole. Ma il conto di una politica sbagliata lo pagherà l’Italia.

 

Corriere della Sera.

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