Così rinasce un fascista

Nelle colonie di Forza Nuova dove i bambini vengono indottrinati Come racconta nel suo nuovo libro il cronista di “Repubblica”
di Paolo Berizzi
Un fazzoletto di prato, file di sedie bianche di plastica, una piscina rettangolare di quelle che si montano. Nastri colorati appesi agli alberi e una parete di cemento sulla quale la sera prima un videoproiettore ha fatto scorrere in timelapse scene di vita di Evita Perón. È il momento del karaoke identitario. A dare il “la” sono due educatrici. I bambini sono lì in fila orizzontale, in piedi. Una ventina. Il più piccolo ha quattro anni, il più grande tredici. Maschi e femmine. Indossano pantaloncini scuri e una maglietta bianca con la scritta COLONIE ESTIVE 2019. La stessa divisa delle educatrici, solo che sulle loro c’è la parola STAFF. I bimbi hanno imparato il brano a memoria. Parte la base musicale e iniziano a cantare in coro. “Entrammo nella vita dalla parte sbagliata in un tempo vigliacco, con la faccia sudata, / ci sentimmo chiamare sempre più forte, ci sentimmo morire ma non era la morte / e la vita ridendo ci prese per mano, ci levò le catene per portarci lontano”. Pausa. I bambini riprendono fiato, poi il coro riparte: “Ma sentendo parlare di una donna allo specchio, di un ragazzo a vent’anni che moriva da vecchio / e di un vecchio ricordo di vent’anni passati, di occasioni mancate e di treni perduti / e scoprimmo l’amore e scoprimmo la strada, difendemmo l’onore col sorriso e la spada. / Scordammo la casa e il suo caldo com’era per il caldo più freddo di una fredda galera / e uccidemmo la noia annoiando la morte e vincemmo soltanto cantando più forte / e ora siamo lontani, siamo tutti vicini e lanciamo nel cielo i nostri canti assassini / e ora siamo lontani, siamo tutti vicini e lanciamo nel cielo i nostri canti bambini”.
Applausi. Braccia al cielo. È il momento del “rompete le righe”. Le educatrici sorridono soddisfatte. Prendono per mano i più piccoli e si complimentano. Estate 2019: Lido di Dante, Ravenna. Colonia estiva Evita Perón, la costola femminile di Forza Nuova. I bambini hanno appena cantato Nostri Canti Assassini . È il brano più celebre di Massimo Morsello, terrorista dei Nar, latitante all’estero fino alla sua morte in un ospedale londinese il 10 marzo 2001. Detto anche il “De Gregori nero”, Morsello viene condannato a otto anni e dieci mesi per associazione sovversiva e banda armata: scappa in Inghilterra insieme a Roberto Fiore nel 1980, dopo la strage di Bologna, quando la magistratura spicca decine di mandati di cattura per altrettanti appartenenti al mondo dell’eversione neofascista. Nel 1999 gli verrà dato un salvacondotto per rientrare in Italia a causa della sua malattia: un tumore al quale si arrenderà a 43 anni. Perché, per il karaoke identitario, le animatrici della colonia Perón fanno cantare ai bambini Nostri Canti Assassini ?
Facile: è un pezzo iconico del neofascismo. La canzone dà il titolo all’omonimo album ( Nostri Canti Assassini — Canzoni dall’esilio ) composto da Morsello negli anni della latitanza tra Germania e Regno Unito. Il brano diventa un inno generazionale. Che si tramanda fino alle colonie estive 2019 di FN. È un manifesto musicale degli anni di piombo, quando l’estrema destra piazzava bombe e uccideva. Il latitante Morsello la compone in chiave esistenziale: lui, il fuggiasco che ripara oltre confine e che dall’esilio scrive di carcere, di morte, di isolamento. Immagino che le educatrici forzanoviste non abbiano spiegato a bimbi di quattro o dieci anni chi erano i Nar. (…) Secondo Morsello sono i ragazzi che “entrano nella vita dalla parte sbagliata”. Ma che poi trovano la loro dimensione. “Scoprimmo l’amore e scoprimmo la strada, difendemmo l’onore col sorriso e la spada”. Per descriverli Morsello canta la sua condizione di terrorista che scappa per sottrarsi al carcere. Ma questo nessuno tra le voci bianche lo sa. Concetti troppo da grandi. “Ora siamo lontani, siamo tutti vicini e lanciamo nel cielo i nostri canti assassini”, scandiscono i bambini. Il tema è quello caro alla destra fascista: la rinascita dalla sconfitta. È vero: il fascismo è stato battuto dai partigiani, ma la fiamma non si è mai spenta. Nemmeno quella degli eversori che hanno “difeso l’onore con la spada”.
Tre anni prima, nel 1996, Morsello compone una canzone dedicata a un personaggio che occupa un posto fisso nel pantheon dei gruppi nazifascisti europei: Léon Degrelle, generale nazista del contingente belga delle Waffen-SS. “Generale la tua spada è nel vento / e ha la lama che punta nel sole / e la notte da dietro al tramonto, / che sale…”. Può un cantautore che esalta un criminale nazista venire celebrato da un coro di bambini modalità Zecchino d’Oro balneare? Torniamo a Lido di Dante. Nostri Canti Assassini diventa dunque come la recita della poesia. Il karaoke nero viene registrato a imperitura memoria in un video postato sulla pagina Facebook dell’Associazione Evita Perón. Le immagini mostrano alcuni dettagli: sullo sfondo c’è un manifesto anni ’70 della fiamma tricolore (storico simbolo dell’Msi nato da un disegno di Giorgio Almirante, oggi simbolo di Fratelli d’Italia); in un frame si vede un bimbo che afferra un crocefisso, immancabile agli eventi dell’ultracattolica Forza Nuova. Chi partecipa alla colonia di Ravenna? I “bambini italiani meno fortunati”. Quelli a cui, come accadeva durante il fascismo, il partito di Fiore dà la possibilità di andare in vacanza (raccogliendo donazioni con un conto corrente di PostePay).
(…) Quando scopro che ai bimbi e ai ragazzini viene fatta cantare la canzone simbolo dell’eversione nera penso che le colonie dell’ultradestra stiano facendo un salto di qualità. In silenzio, sotto traccia. Nella nube del clima politico e sociale di questo tempo, dove sono tornati vecchi slogan e nuove parole d’ordine che raccordano al presente un passato duro a passare. L’indifferenza che c’è intorno alle iniziative che i gruppi neofascisti dedicano ai giovani è preoccupante. Perché nessuno vuole cogliere le similitudini, ancorché disomogenee e disarticolate, tra ciò che sta succedendo oggi, 75 anni dopo la fine del fascismo, e il Ventennio? Che cosa ci suggerisce l’immagine di bambini che cantano in coro il brano scritto da un fascista condannato per banda armata e latitante fino a due anni prima di morire?
(…) Gli ospiti delle colonie nere vanno a comando come i balilla. Si mettono sull’attenti davanti al tricolore. Patria, onore, sacrificio, orgoglio italiano. Passando dai “canti assassini”. La pedagogia fascista del terzo millennio.
www.repubblica.it