Cosa c’è dietro la richiesta alla BCE e alla Commissione di prorogare l’uscita del Mef da Mps

Dopo l’impegno preso dal ministro Daniele Franco, che solennemente chiederà a BCE e Commissione una proroga per l’uscita del Mef da Mps, in queste ore ha preso finalmente la parola il nuovo delegato della banca: si dovrà passare a un aumento di capitale precauzionale stimato a 2,5mld. Lovaglio ha precisato da subito che si tratterà di un aumento studiato per gli investitori di mercato, e che pertanto presenterà un piano ad hoc. Il primo appunto è il seguente: il piano triennale firmato da Guido Bastianini, portato dal medesimo all’attenzione del Consiglio e votato da quest’ultimo, che fine fa? Del resto il CdA è il medesimo, esattamente lo stesso Consiglio che prima ha approvato il piano di Bastianini, la chiusura di esercizio 2021 e che poi ha tolto le deleghe all’ormai ex AD.

Ma quello che salta all’occhio dell’intervento di Lovaglio è questo: sarà un aumento di mercato, ma per una quota pari al 35% visto che il nuovo AD ha già confermato che il Mef sottoscriverà la manovra straordinaria per un impegno economico di 1,6mld. A ben vedere l’aumento precauzionale è la foglia di fico dietro cui si vuole nascondere la richiesta di proroga all’Europa.

Ci sono poi delle tecnicalità – e mi si scusi se potranno risultare noiose – su cui Lovaglio non ha speso parola.

La prima è evidente: in che consiste un piano di mercato? A tutta evidenza il manager dovrà procedere su un doppio binario: miglioramento del rapporto cost/income (leggasi: tagli personale e riduzione filiali) e aumento dei ratios patrimoniali (leggasi: svalutazioni e de-risking). Mantenendo la quota pubblica la banca dovrà passare da un’attività di de-risking in sinergia con Amco (veicolo con capitale 100% pubblico). Per completare la cessione dei crediti deteriorati però Amco dovrà essere ricapitalizzata in modo da poter porre le garanzie sulla cartolarizzazione. Lovaglio (o meglio il Mef) ha intenzione di aprire Amco o nuove SpV alla partecipazione di istituzionali di settore? Se sì, a che condizioni? Visto che quelle di mercato sarebbero mortificanti in termini di perdita patrimoniale…

Altro aspetto è il miglioramento del rapporto cost/income. Qualcuno davvero crede senza sbellicarsi dalle risate che la cosiddetta digitalizzazione possa essere la panacea dei mali di quello che è stato per anni uno dei primi tre gruppi bancari retail italiani? Licenziare personale, o meglio continuare a licenziare, da Profumo in poi non sembra oggi aver prodotto un’azienda investibile. Chiudere le filiali non ha sensibilmente migliorato i conti. Le rassicurazioni che anche il segretario della Fabi, Sileoni, chiede in tema di livello occupazionale lasciano il tempo che trovano. L’unico modo per garantire i lavoratori è quello di cedere ad altri gruppi segmenti specifici del retail e/o business unit non core (Mps Banque, Widiba, Fiduciaria finanche il Consorzio tecnologico). Infatti se l’idea è quella di stabilizzare la banca e venderla per intero ad un soggetto si avranno tre scenari:

1) investitore bancario europeo: le banche area euro stanno già tagliando in patria i posti di lavoro, non si vede per quale motivo dovrebbero tenere quelli di Mps

2) investitore bancario italiano: grazie al decreto “Salva Mps” un gruppo che prende la maggioranza del Monte e lo fonde per incorporazione si vede “regalare” un tesoretto di DTA (crediti fiscali) con cui potrà ripulire i bilanci (né più né meno l’operazione caldeggiata da Orcel con UniCredit). Ma anche in questo caso il tema dei posti di lavoro sarebbe quello più incerto

3) investitore istituzionale: un fondo di investimento o un pool per ritenere investibile il gruppo Mps deve portarselo a casa per un valore simbolico e infine avere carta bianca sulla gestione.

Infine tra le molte cose che Lovaglio non dice ce n’è una che si basa sui conti spicci che anche una casalinga non di Voghera può fare: se lo Stato sottoscrive 1,6mld per poter rivendere l’azienda si presuppone che quella cifra voglia vedersela accordare indietro al momento della vendita. Il problema è che l’aumento di capitale ventilato serve a tenere in piedi la situazione, che poi dovrà ancora gestire la cessione dei deteriorati, lo stralcio di qualche causa legale, indennizzo di prepensionamento e via dicendo… Se anche Lovaglio trovasse un soggetto interessato, questo il giorno dell’offerta chiederà il delisting della banca e in quel momento si offrirà sul valore di libro. C’è il rischio concreto che un de-risking sistemico e altri step di ristrutturazione erodano il capitale fresco iniettato, con una conseguente perdita per il Mef. Che a quel punto dovrebbe accettare un’offerta simbolica suffragata dall’impegno da parte dell’investitore di procedere con un massiccio aumento di capitale. Senza fare riferimento poi all’altro denaro pubblico occorrente per Amco.

La proroga tanto difesa anche a livello locale da Eugenio Giani e dal sindaco De Mossi rischia di essere un’idrovora di soldi dei contribuenti senza che poi la comunità locale né i dipendenti potranno ricevere adeguate e credibili rassicurazioni.

 

 

(riceviamo e pubblichiamo)