Un’altra tessera è stata aggiunta al mosaico dell’ecologia politica disponibile in italiano. In questo caso, il contributo è di Ian Angus, direttore della rivista ecosocialista «Climate and Capitalism», con il libro Anthropocene. Capitalismo fossile e crisi del sistema terra, reso disponibile dall’enorme lavoro di traduzione di Vincenzo Riccio, Alessandro Cocuzza e Giuseppe Sottile per la casa editrice Asterios (pp. 288, euro 25).
L’ULTIMO DEI TRADUTTORI ha, tra l’altro, curato l’introduzione, che accompagna la prefazione scritta da John Bellamy Foster, uno dei principali studiosi che negli ultimi tre decenni ha contribuito a rielaborare l’analisi marxiana dal punto di vista della crisi ecologica, mentre Cocuzza ha approfondito, in un capitolo conclusivo, un fenomeno particolarmente rilevante nel libro, relativo a cambiamenti climatici e migrazioni.
Ian Angus e i suoi traduttori ci rendono disponibile un testo che ha al suo centro una doppia tesi. La prima è quella secondo cui stiamo vivendo nell’Antropocene, in un periodo della storia della Terra del tutto nuovo, dovuto all’azione dell’umanità o, per meglio dire, dei gruppi economici e politici interessati alla riproduzione continua dei rapporti di produzione e, quindi, socioecologici di tipo capitalistico. La seconda tesi è che dalla nuova fase del pianeta, che rappresenta una crisi del Sistema Terra come, ormai, le scienze lo hanno definito negli ultimi tre decenni, non si esce ripetendo i meccanismi, le politiche e le scelte che assecondano la logica del capitale, quella logica non solo economica ma dell’intera vita fondata sulla crescita continua e sull’uso estensivo e intensivo dei fossili, ma aprendo una strada nuova, quella che l’autore chiama ecosocialista.
LUNGO QUESTE DUE TESI si organizza l’intero libro, suddiviso in tre parti, con l’aggiunta di un appendice, oltre all’introduzione, alla prefazione e al capitolo conclusivo di cui si è già detto.
Le prime due parti, intitolate Una situazione senza precedenti e Il capitalismo fossile, espongono la prima tesi, quella relativa alla fattualità dell’Antropocene. La terza parte, L’alternativa, presenta l’opzione ecosocialista, non dimenticando di confrontarsi con l’esperienza storica del socialismo in Unione Sovietica dal punto di vista dei fallimenti ecologici.
Le due sezioni iniziali combinano una molteplicità di conoscenze e dati delle scienze naturali con altre delle scienze sociali, contribuendo a comporre la frattura tra le cosiddette due culture.
Gli studi di ecologia politica hanno bisogno della climatologia come della sociologia, della biologia come della filosofia politica per comprendere le condizioni di vita presenti sul pianeta e come aggredirne le cause, tra cui fondamentali sono i rapporti di forza e di potere, come ci ha insegnato uno dei precursori dell’ecologia politica in Italia, Dario Paccino, già dal 1972, con il testo L’imbroglio ecologico. L’ideologia della natura.
Queste prime due parti sono ricchissime di dati e confermano ciò che diversi studiosi ormai riconoscono come la Grande accelerazione, quel periodo in corso dalla fine della Seconda guerra mondiale durante il quale tutti gli indicatori considerati, dall’innalzamento delle temperature allo scioglimento dei ghiacciai, dalle emissioni di anidride carbonica alla deforestazione, dalla desertificazione alla riduzione della fertilità dei terreni, evidenziano una crescente rapidità della diffusione non solo degli inquinanti ma dell’insieme dei fattori, in particolare le emissioni, che stanno alterando in maniera irreversibile la vita sulla Terra.
Si va verso l’abbandono delle condizioni favorevoli dell’era geologica chiamata Olocene, attiva da circa 11.700 anni, per entrare nel mondo incognito dell’Antropocene, di cui, allo stato attuale, si conoscono solo caratteristiche negative: dall’aumento delle temperature medie alle ondate di calore, dall’incremento delle disuguaglianze sociali ed ecologiche alla moltiplicazione di ambienti ostili alla vita.
È QUESTO il mondo delle pandemie e delle zoonosi, come Sottile sottolinea nell’Introduzione aggiornata agli ultimi mesi. Questo è anche il mondo, necessariamente, delle migrazioni forzate dai cambiamenti climatici, come Cocuzza scrive nel capitolo conclusivo, considerandole, nonostante il quadro empirico ancora in via di definizione, come «una realtà che potrebbe sempre più contraddistinguere il panorama della storia contemporanea».
La terza parte del libro apre, in maniera totalmente esplicita, alla proposta e discussione politica, invitando, tra l’altro, ad andare oltre le dispute teoriche, tuttavia non necessariamente da abbandonare, per favorire l’unità di azione verso la costruzione di un «contropotere ecologico». Come? Lavorando «con tutti coloro che sono disposti ad unirsi alla lotta contro i cambiamenti climatici in generale e l’industria dei combustibili fossili in particolare». Un impegno di portata storica, al quale il testo di Angus mette a disposizione una base di conoscenza e di analisi utilissima per orientarsi e capire verso quali obiettivi prioritari indirizzare l’azione, dandosi la prospettiva di un pianeta libero dal carbone, oltre che dal nucleare, e da tutti gli altri fossili usati per produrre energia.