Con i piedi per terra (sul monte)

Il futuro di Mps

 

Lo sciopero proclamato da tutti i sindacati di Mps per chiedere di esser finalmente convocati dal governo e confrontarsi sui problemi aperti nella trattativa con Unicredit è riuscito a metà. Se si dà importanza agli effetti interni al gruppo e all’adesione registrata su scala nazionale è lecito dirsi non insoddisfatti. Se si pensa alla mobilitazione auspicata a Siena si deve riconoscere che l’iniziativa non ha scaldato i cuori. Non ha associato alla protesta una città sfibrata da troppe attese deluse. Gli stessi sindacati sono traversati da divisioni. La Fabi (Federazione Autonoma Bancari Italiani), ad esempio, non crede utile ricercare alternative al rapporto con Unicredit e non vede ostacoli insormontabili ad una rapida e positiva definizione. Nelle altre sigle sono percepibili sfumature e differenziazioni. Gli snodi rilevanti condivisi sono quelli ribaditi più volte: affrontare al meglio la spinosa necessità degli esuberi, non smantellare il rapporto con l’area di operatività più consueta, evitare uno «spezzatino» che mandi in frantumi l’unitarietà del gruppo, conservare un marchio storico che sarebbe delittuoso cancellare. Alcune voci hanno invocato un’ulteriore dilazione dei tempi, e in nostalgiche frange minoritarie persiste la convinzione che il Monte debba cavarsela da solo e restare indipendente. Si sa che le decisioni conclusive sono rimandate ad un dopo-elezioni che può essere più turbolento del prevedibile.

Da ultimo è stato evocato il fantasma di un soggetto alternativo a Unicredit pronto a entrare in campo. Girano molte formule tra le quali sarà giocoforza scegliere in accordo con le autorità europee: ciò che da parecchi è taciuto, se non platealmente esorcizzato. Di tanto in tanto è rilanciata la costituzione di un rabberciato terzo o quarto polo che unisca banche tese ad una convincente e solidale stabilizzazione. È anche spuntato fuori un piano Isacco basato sulla trasformazione dei creditori che hanno promosso cause legali in soci con il conseguente alleggerimento del fardello di rischi legali che pesa sul Monte. Tra le ipotesi figura pure la creazione di una banca pubblica di investimenti che abbia a perno in Mps. Taluni, poi, si accontentano di giocare la carta di una banca regionale e lo stesso presidente della Regione Eugenio Giani non è ostile ad un rassegnato e autarchico sbocco del genere. Ma la prospettiva principe su cui impegnarsi, al di là delle uscite demagogiche, è quella dell’aggregazione, o come altrimenti si voglia precisare, con la banca guidata dal duro Orcel. In questo dibattito il ruolo di chi detiene responsabilità politiche istituzionali a livello locale non ha un peso determinante: ha soprattutto il compito di slargare l’orizzonte e spingere a collocare il tema in un contesto che affronti il futuro non rinchiudendosi nei confini esclusivi della querelle bancaria. Sarà interessante osservare se il prossimo 28 settembre il Consiglio comunale di Siena riuscirà a approvare un documento che unanimemente sintetizzi realistiche indicazioni, da far valere al tavolo del ministero del Tesoro. Non si tratta di promuovere un’ingerenza della politichetta tradizionale, che ha già prodotto guai ben noti. Non si tratta neppure di dipingere scenari tecnicamente infondati o ignari della rivoluzione digitale che sconvolge il sistema del credito e delle prescrizione europee. L’occupazione si otterrà se ci si misurerà con le esigenti dinamiche di una riconversione sostenibile dell’economia facendo un buon uso delle risorse del Pnrr. Quel tanto di «integrità» della banca da considerare necessario dovrà essere durevole, non un contentino transitorio. E la stessa tutela del marchio sarà un’acquisizione fondamentale — magari in una difficile geometria da holding — se il nome del Monte dei Paschi designerà energie e specificità di una presenza moderna e finalizzata alla solida ristrutturazione da varare. A forza di opporsi a credibili proposte avanzate negli anni, per salvaguardare l’autonomia strategica di Banca Mps, si è visto dove si è andati a finire. Ora occorre ragionare coi piedi per terra, visto che si ripete a iosa il richiamo ad un mitizzato territorio.

Roberto Barzanti

 

 

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